sabato 19 marzo 2022
Riuniti a Roma i referenti diocesani dell'evento che coinvolge l'intera Chiesa italiana. Il segretario generale della Cei, Russo: il confronto cambia tutte le parti
Incontro nazionale dei Referenti diocesani del Cammino sinodale in Italia.

Incontro nazionale dei Referenti diocesani del Cammino sinodale in Italia. - Agenzia Romano Siciliani / Paolo Galosi

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Camminare, hanno camminato. E non solo perché sono arrivati a Roma da tutta Italia. Ma anche perché rappresentano la Chiesa italiana che ha preso sul serio l’invito del Papa a intraprendere un cammino sinodale per la Chiesa in Italia e si sono messi in ascolto degli uomini e delle donne del nostro tempo, così come è stato stabilito di fare in questa prima fase.

Nell’incontro nazionale dei referenti diocesani del Cammino sinodale (oltre 300 i partecipanti, da 167 diocesi), iniziato ieri nello stesso albergo di Roma dove il Papa per ben due volte negli ultimi mesi ha dialogato con i vescovi italiani proprio su questo tema, il vissuto dei territori si è fuso con la visione complessiva, emersa prima nel saluto del segretario generale della Cei, il vescovo Stefano Russo, quindi nell’intervento del direttore dell’Ufficio catechistico nazionale (Ucn), monsignor Valentino Bulgarelli.

«Il nostro cammino sinodale – ha detto monsignor Russo – , il nostro impegno e le nostre fatiche sono principalmente un cammino in presenza dello Spirito. È lui il protagonista e se non ci sarà, non ci potrà essere sinodo».

Dunque, ha proseguito il vescovo, «per un cammino sinodale che si rispetti ognuno di noi deve sentirsi 'colmato' di Spirito Santo ». Inoltre il vento dello Spirito «ha il compito di spazzare via da noi ogni desiderio di azione solitaria». Ciò che conta è la comunione. E da questo nasce anche l’ascolto. Il segretario generale della Cei ha parlato di «molti percorsi interessanti che stanno nascendo, guidati dal desiderio di ascoltarsi, di donarsi del tempo, di fare spazio nel cuore, perché tutti possano sentirsi accolti». E ha invitato a fare «spazio all’ascolto», perché «nell’ascolto non cambia solo chi è ascoltato, ma anche chi ascolta».

A che cosa si deve tendere? «L’ascolto di questo tempo – ha spiegato Russo – non è per dare risposte ma per aprire cammini. Questa mi sembra la fatica più grande: saper ascoltare mentre la nostra vita continua, mentre portiamo avanti la nostra storia personale. Trovare la postura fondamentale per l’ascolto». E anche, ha concluso, «non scoraggiarsi», se ci vorranno «tempi lunghi». Da questo impegno dipenderà la capacità di «vivere una nuova Pentecoste». Anche per Bulgarelli il cammino sinodale «è esperienza dello Spirito e nello Spirito», oltre che «attenzione gratuitamente donata agli uomini e alle donne di oggi; esercizio del prenderci cura».

Dunque non si tratta «semplicemente dell’esercizio del 'decidere come decidere', rischiando di generare grovigli di procedure ossessive», quanto piuttosto della «possibilità di riscoprire il gusto di scoprirsi cercati da Dio e la soavità dell’essere amati da lui». In tal senso la due giorni romana (che si conclude oggi) non è solo un appuntamento organizzativo, ma «un momento spirituale che rigeneri il desiderio di sentirsi una comunità capace di una proposta».

E quale proposta, quindi? «Le intenzioni del cammino sinodale – ha sottolineato il direttore dell’Ucn – sono di ritrovare o riscoprire l’entusiasmo di incontrare le persone per camminare con loro: anziani, giovani, ragazzi, bambini». Ma quello attuale «è un tempo impegnativo». Paradossalmente, però, fa notare Bulgarelli, «proprio questo è il tempo favorevole per modificarsi, per uscire dal tritacarne della routine per tornare a fidarsi del Signore Risorto che opera nella storia e per leggere i 'segni dei tempi' come ha saputo fare la prima comunità cristiana».

Il passaggio che dunque ci viene richiesto è quello «da una pastorale prevalentemente preoccupata di programmi e strutture a una pastorale attenta alle persone concrete. In questo senso la comunità ecclesiale può riscoprire la propria vocazione di mediatrice dell’incontro tra Dio e l’uomo». Sta in questa intuizione anche la ragione per cui i vescovi italiani «si sono dati un tempo prolungato di ascolto dei racconti della vita».

Si deve ripartire soprattutto dalla fiducia. E questa non è solo una questione ecclesiale, ma investe tutto il nostro vissuto quotidiano. «La vita - ha ricordato il sacerdote - si regge sulla interazione tra soggetti, che si affidano gli uni agli altri: sarebbe paranoico e paralizzante pretendere di verificare ogni singolo aspetto del mondo in cui si vive. Ecco perché, «per rigenerare un 'nuovo' servizio al Vangelo occorre una comunità, un noi, che sia 'partner' affidabile e credibile. E la sfida più impegnativa, ha concluso il direttore dell’Ucn, è individuare come esserlo».

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