sabato 9 giugno 2018
Presentato il documento preparatorio del Sinodo 2019. Le Chiese locali invitate a riflettere su una azione pastorale che difenda il territorio e i suoi popoli indigeni
Foresta amazzonica in fiamme (dall'archivio Ansa)

Foresta amazzonica in fiamme (dall'archivio Ansa)

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L’Amazzonia interpella, esige una risposta. E non solo da parte degli Stati. «Come la comunità cristiana può rispondere alle situazioni di ingiustizia, povertà, disuguaglianza, violenze (tra le altre ricordiamo la droga, la tratta di persone, la violenza contro la donna, lo sfruttamento sessuale, la discriminazione verso i popoli indigeni e i migranti) e di esclusione in Amazzonia? Come promuovere un’ecologia integrale, ovvero ambientale, economica, sociale, culturale e della vita quotidiana in Amazzonia? Alla luce della Laudato si’, come si configurano la biodiversità e la sociodiversità nel suo territorio?».

Sono solo alcune della sfilza di domande rivolte ai pastori e alle comunità ecclesiali poste in coda al documento preparatorio del Sinodo speciale sull’Amazzonia in programma per l’ottobre 2019 e presentato ieri in Sala Stampa vaticana.

Il documento, articolato in tre parti secondo il metodo del vedere, discernere-giudicare e agire, descrive al dettaglio la situazione ambientale unita a quella delle condizioni dei popoli del polmone verde del mondo e parla molto chiaro: «Nella foresta amazzonica, di vitale importanza per il pianeta, si è scatenata una profonda crisi causata da una prolungata ingerenza umana, in cui predomina una cultura dello scarto e una mentalità estrattivista. L’Amazzonia è una regione con una ricca biodiversità; è multi-etnica, pluriculturale e pluri-religiosa, uno specchio di tutta l’umanità che, a difesa della vita, esige cambiamenti strutturali e personali di tutti gli esseri umani, degli Stati e della Chiesa».

La realtà descritta nel documento mostra e dice in sostanza quanto l’Amazzonia ci riguardi. Perché è da lì che si gioca la partita del presente e il futuro dello sviluppo umano. Perché ciò che accade in Amazzonia è il paradigma della cultura imperante del consumo e dello scarto che trasforma il pianeta in una grande discarica. Perché è lo specchio dell’umanità e il paradigma della crisi di uno sviluppo ossessionato soltanto dagli idoli del denaro e del potere, idoli che impongono «nuovi feroci colonialismi ideologici mascherati dal mito del progresso », che distruggono l’ambiente, le identità culturali proprie dei popoli e la loro convivenza.

Ascoltare «il grido di schiavitù» che sale da questa immensa regione depredata e violentata non può quindi che essere di vitale importanza anche per la Chiesa universale, chiamata con urgenza a interrogarsi, a intraprendere nuovi cammini di evangelizzazione e a promuovere una ecologia integrale. «Un elemento basilare che l’evangelizzazione deve considerare è quello dello sviluppo umano concepito come un processo integrale, ben espresso con la formula, spesso usata da Papa Francesco, “nel mondo tutto è collegato”, quale paradigma della ecologia integrale», ha ribadito il cardinale Lorenzo Baldisseri nel corso della presentazione del documento preparatorio.

Pertanto, per il segretario generale del Sinodo dei vescovi, il processo di evangelizzazione della Chiesa in Amazzonia «non può prescindere dalla promozione e dalla cura del territorio (natura) e dei suoi popoli (culture) » e per raggiungere questo scopo «sarà necessario articolare i saperi ancestrali con le conoscenze contemporanee con riferimento particolare all’utilizzo sostenibile del territorio e allo sviluppo coerente con i valori e le culture delle popolazioni».

Nella seconda parte del documento, dopo aver elencato i fondamenti biblici ed evangelici, si ricorda infatti che «la missione evangelizzatrice ha sempre un contenuto ineludibilmente sociale» e che l’opera dell’evangelizzazione «ci invita a lavorare contro le disuguaglianze sociali e la mancanza di solidarietà mediante la promozione della giustizia, della compassione e della cura anche nei riguardi degli altri esseri, animali e piante, e di tutta la creazione».

E nella terza parte, dedicata all’agire, si offrono indicazioni per “nuovi cammini”. Il Sinodo sarà così chiamato «a individuare nuovi cammini per far crescere il volto amazzonico della Chiesa», per «rispondere alle situazioni di ingiustizia della regione» a causa di un modello economico che non è solito rispettare i popoli amazzonici e parallelamente proteggere la Casa comune di questo territorio minacciato. È questo, del resto, l’obiettivo del Sinodo, che era stato già definito dal Papa stesso al momento dell’annuncio lo scorso 15 ottobre e ripreso poi nel corso della sua visita all’inizio dell’anno a Puerto Maldonado nel cuore dell’Amazzonia peruviana, visita che ha rappresentato l’inizio stesso del Sinodo.

Il documento preparatorio è frutto dell’investigazione di una realtà basilare nel contesto amazzonico: la Rete ecclesiale Panamazzonica, «che ha già programmato decine di incontri in tutto il territorio», ha spiegato Fabio Fabene, sottosegretario del Sinodo dei vescovi, illustrando i prossimi passi del processo sinodale che vedrà la consegna dei dati e delle risposte al questionario entro febbraio del 2019 ed entro il successivo giugno l’invio ai vescovi del “Documento di lavoro”, il testo che sarà di riferimento nel dibattito sinodale. I nuovi cammini – ha ripreso poi Baldisseri rispondendo alle domande dei giornalisti – «riguarderanno anche i ministeri, la liturgia e la teologia».

L’attenzione dei giornalisti si è soffermata – anche se il testo non ne parla – sulla possibilità di ordinare uomini sposati di provata fede, i cosiddetti viri probati, per rispondere al «gemito di migliaia di comunità private dell’Eucaristia domenicale per lunghi periodi» a causa dell’estensione dell’Amazzonia. «Certo è che il discorso non si concentra in un singolo tema come questo, qui si parla di “ministeri” e i ministeri sono tanti, non ci sono solo i viri probati », ha risposto Baldisseri sottraendosi al tentativo di ridimensionare la portata e i contenuti del Sinodo ad univoche discussioni – come appunto appare questa riguardo alla vetusta questione dei viri probati – che sembrano invece imporsi nei circoli mediatico-clericali e curiosamente eccitare i cultori delle guerricciole di politica ecclesiastica.

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