La tomba di Arsenio da Trigolo nella casa-madre delle suore di Maria Santissima Consolatrice a Milano
Figlio di sant’Ignazio per quasi 18 anni, devoto e zelante sacerdote secolare nelle diocesi di Cremona, Torino e Milano e infine fedele seguace nell’ultimo tratto della sua vita degli insegnamenti del Poverello di Assisi come frate cappuccino. Ma soprattutto un uomo obbediente e capace nel nascondimento di sperimentare la «virtù del silenzio» – come ebbe a dire il cardinale Carlo Maria Martini – tanto da essere in grado di compiere grandi opere di misericordia spirituali e corporali. Sono i tratti più significativi che hanno cadenzato la vita di padre Arsenio da Trigolo, al secolo Giuseppe Migliavacca (1849-1909), stimato «ottimo giovane prete» da due grandi vescovi dell’Italia appena unificata come Geremia Bonomelli e il beato Giovanni Battista Scalabrini.
Oggi alle 10 nel Duomo a Milano padre Arsenio viene beatificato durante il rito presieduto dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. La Messa solenne, sempre in Duomo, sarà presieduta dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini. Chi legge soprattutto con riconoscenza e «gratitudine» questa elevazione agli altari del cappuccino vissuto tra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento è madre Silvianita Galimberti , superiora generale del-l’Istituto fondato da Migliavacca nel 1893: le suore di Maria Santissima Consolatrice. In questi giorni vi è infatti un grande fermento attorno a questo evento nella casamadre della congregazione (con annessa la scuola primaria e secondaria con i suoi più di mille studenti) a Milano, in via Melchiorre Gioia, dove riposano dal 1953 nella cappella le spoglie del nuovo beato “milanese d’adozione”. «Per noi questa beatificazione rappresenta un atto di restituzione alla giusta memoria di un uomo che con il suo servizio e la sua capacità di altruismo – è l’argomentazione della religiosa – ci ha insegnato a vivere la spiritualità ignaziana. Inoltre grazie a lui le mie consorelle di allora hanno imparato ad essere al fianco, nella Milano e Torino di fine Ottocento, ai più poveri: come gli orfani, i malati e gli anziani soli e abbandonati a se stessi».
Una riscoperta di questo “santo del silenzio” avvenuta grazie «alla nostra antica superiora degli anni Trenta suor Cesarina Bettini e poi, strano a pensarsi, a un gesuita padre Mario Lessi Ariosto che da primo biografo ci ha “rimesso” sulle tracce della grande spiritualità di padre Migliavacca chiamato semplicemente dai suoi confratelli ignaziani “padre Miglia”». Una scoperta che ha permesso di riattualizzare questa figura e di andare alle radici del carisma che guida queste religiose, circa 270, presenti in Italia, Brasile fino all’Africa e impegnate in numerose opere: dai pensionati universitari alle scuole primarie e secondarie, dalle case di accoglienza per ragazze madri vittime di tratta ad attività ambulatoriali a favore di bambini disagiati. «Attraverso la causa di beatificazione – spiega suor Galimberti – abbiamo potuto toccare con mano tutti gli aspetti della vita “nascosta” di padre Migliavacca a noi sconosciuti, soprattutto quelli che riguardavano la sua vita da cappuccino. Una delle grandezze di padre Arsenio è stata quella di aver sempre celato nel silenzio il bene compiuto e le tribolazioni e sofferenze subite nella sue tante esperienze passate. E per noi suore è stata la scoperta grazie ai suoi Diari e appunti spirituali dello spessore di un fondatore che, alla stregua degli insegnamenti di sant’Ignazio, ci ha indicato la strada per annullarci nella volontà di Dio per la sua maggior gloria. La sua eredità più grande? Quella di averci educato all’importanza di rimanere attaccati solo alla persona di Gesù».
Un carisma e uno stile quello di Arsenio da Trigolo che appare di stringente attualità per lo stile di sacrificio gioioso e allo stesso tempo austero – «ignaziano e francescano allo stesso tempo» come ha scritto in un messaggio il ministro generale dei cappuccini, padre Mauro Jöhri – e di santa annichilazione che contraddistinse tutta la sua tribolata esistenza sulla cui tomba nella cappella di via Melchiorre Gioia già campeggia il titolo di beato. «Sorprende a tanti anni di distanza come egli fu veramente superiore a tutto e seppe governare con grande saggezza i tanti “sradicamenti” di cui fu vittima – è la riflessione di madre Galimberti –. Mi auguro che ora nella sua veste di beato possiamo ancora di più noi sue figlie entrare in sintonia con le intuizioni pastorali e non solo che il padre Arsenio ha prefigurato e compiuto per noi».
La vita di padre Arsenio
Il nuovo beato padre Arsenio, al secolo Giuseppe Migliavacca, nacque a Trigolo (Cremona) il 13 giugno 1849. A 13 anni entrò nel Seminario di Cremona e fu ordinato sacerdote nel 1874. Dopo due anni di servizio apostolico entrò nella Compagnia di Gesù. All’interno dei gesuiti fu uno zelante predicatore e confessore. Ed è proprio in questi anni arrivò la prova: accusato di “imprudenze” si vide costretto ad accettare le dimissioni dall’Ordine. Nel 1892 fu incaricato dall’arcivescovo di Torino, Davide Riccardi, di seguire un gruppo di aspiranti religiose: fu quello il nucleo delle Suore di Maria Santissima Consolatrice. Don Giuseppe adeguò le regole ignaziane per il nuovo Istituto, diventando così fondatore delle Suore di Maria Santissima Consolatrice (1893); poi sopraggiunse di nuovo la prova più dura e umiliante con false ed infamanti accuse. Nel 1902 entrò, su suggerimento del cardinale arcivescovo di Milano, il beato Andrea Carlo Ferrari, tra i cappuccini lombardi col nome di padre Arsenio Maria. Morì il 10 dicembre 1909 nel convento cappuccino di Bergamo.