sabato 4 aprile 2015
​L'arcivescovo Petrocchi, invita i cittadini ad una mobilitazione civica per la ricostruzione della città distrutta dal terremoto sei anni fa.
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​ La processione del Cristo morto si è svolta nel silenzio; un silenzio dell'anima, che non va confuso con il mutismo. Il silenzio è sacro, esige la concentrazione della mente e del cuore. Abbiamo ripercorso le tappe della Via Crucis di Gesù ed io, come in un grande “schermo” interiore, ho rivisto, attraverso quelle scene, i momenti drammatici che hanno segnato la “Passione secondo gli Aquilani”. Questa Via Crucis, infatti, si svolge a ridosso di una ricorrenza che tutti gli abitanti dell'Aquila sentono fortemente nella loro anima: il sesto anniversario del terremoto. Come comunità cristiana e sociale non restiamo in un atteggiamento rassegnato di fronte a questa tragedia. Proprio perché partecipi della Pasqua di Gesù, sappiamo che la “Via Crucis” si apre alla “Via Lucis”. Il punto di arrivo del nostro percorso non è un sepolcro che rimane sbarrato dalla morte, ma è un sepolcro vuoto, perché spalancato sull’orizzonte della Risurrezione. Permettetemi, carissimi fratelli aquilani, di consegnarvi una riflessione che ho molto a cuore. Lo faccio con semplicità, sapendo che mi capirete. Nella storia degli individui come delle società, ci sono periodi che risultano uguali nella durata, ma non sono equivalenti nell'importanza. Vi faccio un esempio: nell’itinerario evolutivo di un ragazzo, il tempo che va dai 3 ai 13 anni, rappresenta un decennio decisivo, per il suo sviluppo psicologico e corporeo. In quel periodo, infatti, si determinano trasformazioni culturali e fisiche che condizionano, in bene o in male, l’intera esistenza di quella persona. Nel decennio, invece, che corre dai 50 ai 60 anni, non compaiono gli stessi cambiamenti fisiologici e relazionali. Dunque, si tratta di due decenni che, a livello numerico, risultano uguali, ma non lo sono affatto sotto il profilo personale e comunitario. Adottando questa metafora, a me sembra che il decennio 2009-2019 per la Città de L'Aquila - quindi, per la sua ricostruzione culturale, sociale, architettonica - rappresenti un tempo decisivo, da cui dipenderanno i prossimi cinquant'anni. Questa generazione, perciò, ha una responsabilità verso le generazioni che la seguiranno ed è chiamata a realizzare un compito fondamentale. In tale prospettiva, sento di ringraziare tutte le persone e le varie Istituzioni che - a livello nazionale, regionale, locale - hanno preso a cuore la sorte della nostra Città e si sono impegnate seriamente per avviare il processo della ricostruzione in modo autentico ed integrale. Ringrazio la Magistratura e le Forze dell'ordine, che vegliano sui processi della ricostruzione, perché si svolgano nella legalità. C'è un compito, però, che spetta alla gente, poiché è necessario che si attivi una “mobilitazione civica” e venga promossa una “missione di popolo”, che non possono essere delegate alle Istituzioni. Le Istituzioni, infatti, rappresentano questa volontà comune, la interpretano e la concretizzano, ma non la sostituiscono. Noi, oggi, come credenti e come cittadini, abbiamo il dovere di preparare un futuro buono, ricco di prospettive di crescita, per i bambini e i ragazzi di questa generazione, affinché, da adulti, non si ritrovino ad abitare una Città ricostruita solo nelle sue strutture murarie, ma vivano come persone libere in L’Aquila risorta: una Città, cioè, forte dei suoi valori, della sua storia, della sua cultura e della sua tradizione! La processione di questa sera costituisce la testimonianza di una scelta essenziale: quella di operare insieme, affinché il sogno di una Città, rinata più bella di prima (proprio perché ha sofferto), si realizzi. In quello scenario di cui vi parlavo, nel quale ho contemplato la passione di Gesù, ho visto anche la sofferenza incancellabile delle famiglie che hanno perso i loro cari. Ricordiamo una ad una le 309 vittime del sisma. Non li dimenticheremo! Resteranno punti di riferimento stabili, che ci obbligano ad impegnarci nel “processo di rinascita”, che può essere efficace se corale e collettivo. Solo una “comunità” , infatti, può produrre, con l'aiuto del Risorto, questo prodigio, nel quale noi crediamo e per il quale ci spendiamo fino in fondo. Il cuore di questa Città oggi deve pulsare con battiti più intensi e più forti, perché il sangue della solidarietà e della sinergia circoli nell’intero organismo ecclesiale e civile, promuovendo motivi di speranza e prospettive di un futuro migliore, che garantisca a tutti e a ciascuno una crescita dignitosa ed integrale. Questo momento sia un segno che poggia tutti noi sulla certezza che Dio non ci abbandona, poiché il Signore sa trarre anche da un male immane, come il terremoto, un bene misterioso e più grande. Che il Signore ci accompagni in questo nostro viaggio in un tempo che vogliamo lungimirante ed operoso. L'Aquila del nostro tempo non ha soltanto bisogno di “altri” giorni o di “giorni in più”: ha bisogno, invece, di “giorni diversi”, cioè di giorni attraversati dalla luce della verità, dell'amore e della comunione. Auspico con tutto il cuore che il Signore ci veda tutti protagonisti di una storia bella: storia che, con dignità e fierezza evangelica, potremo trasmettere alle generazioni che verranno.                             
 
 
 Giuseppe Petrocchi, Arcivescovo Metropolita Aquilano       
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