Eritrea, Iraq, Nigeria, Pakistan, Siria: da questi Paesi si fugge sempre di più a causa delle discriminazioni religiose. Di fronte all'aumento del numero di migranti provenienti da questi Paesi che chiedono asilo per ragioni di fede, la sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che Soffre lancia un appello per la semplificazione delle pratiche burocratiche per l'ottenimento dello status di rifugiato. "Oggi queste famiglie, così come tutti coloro che chiedono il riconoscimento dello status di rifugiato, attendono non meno di dodici mesi prima che la loro istanza sia esaminata dalle Commissioni territoriali, vivono dunque problemi di emarginazione e di disagio collegati a questa lunga attesa, e spesso rischiano ritorsioni anche in Italia". LEGGI IL TESTO COMPLETO
Le Commissioni competenti sono raddoppiate, passando da passando da 20 a 40, ma il loro numero è comunque insufficiente di fronte al crescere esponenziale delle domande. Aiuto alla Chiesa che Soffre chiede dunque alle istituzioni italiane competenti "che il sistema nel suo insieme sia reso più celere, e perché in particolare chi fugge dalla persecuzione religiosa abbia una corsia preferenziale, più rapida e con maggiori garanzie, per il riconoscimento dello status di rifugiato".
La proposta è che una volta accertate la zona di provenienza e la confessione religiosa di appartenenza, non sia necessaria una approfondita istruttoria perché, per esempio, un cristiano proveniente da Homs in Siria o da Mosul in Iraq ottenga lo status di rifugiato. L’appello "è nello specifico ad un ampliamento del numero delle Commissioni territoriali, alla destinazione mirata di una parte di esse a quanti fuggono dalla persecuzione religiosa, e alla cura che la fede di appartenenza non sia causa implicita di discriminazione anche in Italia".