Un pastore vicino alla “sua” gente, uno dei padri nobili del Vaticano II, ma soprattutto un sacerdote e un cardinale capace di proclamare il Vangelo e di farsi prossimo al dramma vissuto dal suo popolo: gli armeni. In questo ritratto si può riconoscere molto di una complessa e affascinante personalità della Chiesa cattolica del Novecento quale fu il cardinale armeno Gregorio Pietro XV Agagianian (1895-1971).Oggi alle 12 a Roma nella Basilica di San Giovanni in Laterano, il cardinale vicario Angelo De Donatis aprirà la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio. Alla sessione di apertura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche e la fama di santità di Agagianian sarà presente fra’ Carlo Calloni, postulatore generale dell’Ordine dei frati minori cappuccini, a cui è affidata la causa.
Stamani in San Giovanni in Laterano
Saranno presenti anche i membri del Tribunale diocesano di Roma: il delegato episcopale monsignor Giuseppe D’Alonzo; il promotore di giustizia don Giorgio Ciucci; i notai Marcello Terramani e Francesco Allegrini. Una data quella di oggi scelta non a caso dalla diocesi di Roma - città in cui il porporato si spense il 16 maggio 1971 e il cui corpo oggi riposa nella chiesa di San Nicola da Tolentino (adiacente al Pontificio Collegio Armeno) - perché ricorre la festa dell’apostolo san Giuda Taddeo, primo catholicos degli armeni. Al rito sarà presente anche l’attuale patriarca cattolico di Cilicia degli Armeni, Raphael Bedros XXI Minassian.
Ma chi era questo “sconosciuto” porporato che fu uomo di fiducia di Giovanni XXIII e di Paolo VI? Agagianian, nato il 18 settembre 1895 ad Akhaltsikhe, nell’attuale Georgia, studiò alla Pontificia università Urbaniana. Ordinato sacerdote nel 1917, fu parroco a Tbilisi, in Georgia, poi fu destinato a Roma come vice rettore e poi rettore del Pontificio collegio armeno. Poliglotta, parlava italiano, francese, inglese, georgiano, russo, latino e greco. Nel 1935 venne nominato vescovo titolare di Comana, in Armenia, due anni più tardi venne eletto catholicos patriarca di Cilicia dal Sinodo dei vescovi della Chiesa cattolica armena, e confermato dal papa Pio XI il 13 dicembre 1937, prendendo il nome di Gregorio Pietro XV. «Sotto la sua sapiente guida - ha sottolineato il frate minore cappuccino Carlo Calloni - la Chiesa cattolica armena riacquistò prestigio e importanza nella diaspora armena dopo le vicende travagliate e sanguinose del genocidio armeno del 1915».Nel 1946 fu creato cardinale da Pio XII. Nel 1955 fu nominato presidente della Commissione pontificia per la redazione del Codice Orientale di Diritto Canonico. Un incarico che lo costrinse a dimettersi dal governo pastorale del Patriarcato armeno. Nel 1960 divenne prefetto della Sacra Congregazione per la Propagazione della Fede, poi Propaganda Fide. «In tale funzione seguì da vicino la formazione dei missionari cattolici in tutto il mondo - aggiunge il postulatore - e fu ampiamente responsabile della liberalizzazione delle politiche della Chiesa nelle nazioni in via di sviluppo».
Al Concilio Vaticano II (significativa fu la sua influenza indiretta per la redazione finale della Costituzione Gaudium et spes) fu uno dei famosi quattro moderatori di quell’assise assieme ai porporati il belga Leo Joseph Suenens, il tedesco Julius Döpfner e l’italiano Giacomo Lercaro. Un personaggio che come sostiene fra’ Calloni ancora attuale soprattutto per la sua statura di santità. «A noi interessa mettere in risalto tutta la vita del cardinale, come ha vissuto in maniera completa la sua fede, le sue virtù e come ha donato la vita perché il Vangelo fosse annunciato».