Marie Collins all'incontro di Dublino
«Papa Francesco, le famiglie delle vittime di abusi fanno il tifo per te. Aiutaci a risolvere questa piaga. Mai più nella Chiesa qualcuno faccia del male a un bambino. Ora, dopo le bellissime parole della tua lettera, attendiamo i fatti». È un appello accorato quello che arriva dall’Incontro mondiale delle famiglie dove il tema ha trovato più di un approfondimento e da oggi, con l’arrivo del Papa, se ne parlerà ancora in varie occasioni. Segno di una volontà diffusa e profondamente condivida di stroncare in modo definitivo questa epidemia maligna.
Ricercare le cause
Ma la complessità del problema rende obbligatori interventi coordinati, pensati e messi in atto su più livelli, in grado da un lato di garantire gli strumenti legislativi per intervenire e perseguire i colpevoli con efficacia e trasparenza, dall’altro di assicurare alle vittime accoglienza ed assistenza. E, ancora, altrettanto urgente, è l’opera di prevenzione.
La testimonianza di Marie Collins
Una serie di indicazioni precise e accorate sono arrivate da Marie Collins, che dopo essersi dimessa nel marzo 2017 dalla Commissione pontificia lamentando una «scarsa collaborazione dei dicasteri della Curia vaticana» che avrebbero dovuto sostenere gli interventi anti-pedofilia, ha continuato a portare avanti un’intensa azione di sensibilizzazione sul problema dalla fondazione che porta il suo nome. «Tutti gli interventi – ha spiegato – devono essere fondati sul diritto canonico e, per questo, vanno eliminate le interpretazioni normative che ostacolano la trasparenza. Inoltre occorre stabilire che tutte le persone colpevoli vanno allontanate dal loro incarico in attesa del giudizio definitivo e, poi dalle stesse strutture ecclesiastiche, una volta accertata i fatti». Secondo la Collins è importante che il principio della tolleranza zero venga esteso a tutte le realtà, in ogni parte del mondo, che si occupano del problema abusi. «Troppe volte le leggi della Chiesa – ha tuonato l’esperta – sono state usate per insabbiare, per dilazionare gli interventi, per coprire le indagini. Non dovrà mai più succedere. Basta con la segretezza. Le famiglie delle vittime devono poter accedere a tutti i documenti in possesso delle autorità ecclesiastiche. Perché tutti questi provvedimenti, riconosciuti urgenti e importanti ad ogni livello, attendono ancora piena attuazione? Perché ci sono vescovi che, in troppe parti del mondo, ancora indugiano?».
Da Benedetto XVI a Francesco
Barbara Thorp, assistente sociale, già direttore dell’Ufficio per il sostegno pastorale e la protezione minorile dell’arcidiocesi di Boston, ha ricordato l’Incontro voluto proprio dieci anni fa da papa Benedetto XVI con le vittime di abusi nella diocesi americana. «Sembrava una svolta decisiva invece poi sono arrivati gli scandali dell’Australia, dell’Irlanda, del Cile. Oggi c’è la Pennsylvania, e domani? Eppure Francesco ha chiesto di indagare con energia, ha sollecitato i vescovi in tutto il mondo a intervenire con coraggio e con fermezza. Ma vedo che in tutto il mondo – ha sottolineato l’esperta di Boston – c’è ancora troppa indifferenza, troppi tentativi di nascondere i fatti». Un’analisi cruda, precisa, ma del tutto scientifica sulle condizioni psicologiche delle vittime di abusi, è arrivata dalla psichiatra inglese Sheila Hollins, anche lei già componente della Commissione pontificia, mentre Gabriel Dy-Liacco ha esaminato il problema dalla parte dei genitori. «Ho quattro figli maschi – ha raccontato lo psicologo filippino – se uno di loro domani mi dicesse di voler diventare sacerdote, mi chiederei inevitabilmente se il seminario in cui va a studiare è un posto sicuro, se i sacerdoti che insegnano in quel Seminario sono persone affettivamente mature, se anche dal punto di vista tecnologico tutto è stato messo a punto per garantire la sicurezza degli studenti. Chi sarebbe in grado di rispondere in modo affidabile?». Nessuno, probabilmente, hanno concordato gli esperti, mentre da un gruppo di genitori di vittime di abusi, presente all’incontro, sono arrivati applausi venati d’amarezza.