ROMA Si accendono a una a una le tre lampade davanti al reliquiario della Madonna delle lacrime giunto per l’occasione da Siracusa e collocato accanto all’altare della Confessione. Una lampada per ogni testimonianza di dolore trasformato in rinascita. Gocce nell’«oceano» di sofferenza, che richiama tutte le tragedie umane: guerre, terrorismo, violenze ma anche drammi privati. Le lacrime di una famiglia che ha perso il proprio figlio, suicida. Un uomo costretto a fuggire dalla sua patria perché perseguitato. Un giovane animatore di villaggi turistici che, come il figlio prodigo, si era “perduto” ed ha ritrovato la fede grazie alle preghiere della madre e del fratello gemello (anch’egli presente). Così, ad ogni parola, si accende di compassione anche il volto del Papa, profondamente segnato da ciò che ha appena udito. E allora davvero le sue parole scendono come un ristoro su quanti gremiscono la Basilica di San Pietro: «Tutti abbiamo bisogno di consolazione. Dio non ci abbandona nella prova. E come Lui consola, così noi siamo chiamati a consolare». È il suggello di quelle tre testimonianze, introdotte ognuna da un brano della Sacra Scrittura. La conferma di quanto la famiglia Pel- legrino, il giornalista pachistano Qaiser Felix e Maurizio Fratamico hanno appena detto di aver sperimentato. Così la Veglia di preghiera «per asciugare le lacrime» che Francesco ha presieduto ieri pomeriggio, tocca il suo culmine. Gesto non solo simbolico per richiamare una delle sette opere di misericordia spirituale (consolare gli afflitti), ma anche sguardo sul mondo: «Dio onnipotente ed eterno, tu agisci nell’intimo dei cuori: ferma le guerre, converti i cuori dei violenti e concedi al mondo intero il dono della tua pace». In Basilica il Papa saluta a uno a uno i testimoni, stringe le loro mani, li abbraccia e infonde speranza. «Quanta tristezza ci capita di scorgere su tanti volti che incontriamo – sottolinea Bergoglio –. Quante lacrime vengono versate ad ogni istante nel mondo; una diversa dall’altra; e insieme formano come un oceano di desolazione, che invoca pietà, compassione, consolazione. Le più amare sono quelle provocate dalla malvagità umana: le lacrime di chi si è visto strappare violentemente una persona cara; lacrime di nonni, di mamme e papà, di bambini». Ma il Pontefice non si ferma alla sofferenza. Sottolinea che «in questo nostro dolore, noi non siamo soli». Cita l’episodio evangelico del pianto di Cristo di fronte alla morte dell’amico Lazzaro. E commenta: «L’evangelista Giovanni con questa descrizione vuole mostrare la partecipazione di Gesù al dolore dei suoi amici e la condivisione nello sconforto». Perciò «se Dio ha pianto, anch’io posso piangere sapendo di essere compreso. Il pianto di Gesù è l’antidoto contro l’indifferenza per la sofferenza dei miei fratelli. Quel pianto insegna a fare mio il dolore degli altri, a rendermi partecipe – spiega Francesco – del disagio e della sofferenza di quanti vivono nelle situazioni più dolorose. Mi scuote per farmi percepire la tristezza e la disperazione di quanti si sono visti perfino sottrarre il corpo dei lori cari, e non hanno più neppure un luogo dove poter trovare consolazione». E se quelle lacrime del Signore «hanno sconcertato tanti teologi nel corso dei secoli», esse soprattutto, fa notare il Papa, «hanno lavato tante anime, hanno lenito tante ferite». Quando la ragione da sola «non è capace di fare luce nell’intimo», proprio in quei momenti, «abbiamo più bisogno delle ragioni del cuore, le uniche in grado di farci comprendere il mistero che circonda la nostra solitudine ». Ecco perché Francesco invita alla preghiera, «la vera medicina per la nostra sofferenza ». «Anche noi, nella preghiera, possiamo sentire la presenza di Dio accanto a noi». È una certezza, conclude il Papa, «il Padre ci ascolta e viene in nostro aiuto». Così, durante la Veglia si prega per i «bambini abusati» e per i giovani «ai quali è tolta l’infanzia», per le vittime di guerra e del terrorismo; per quelli che soffrono nel corpo, per coloro che sono incarcerati ingiustamente e per quanti sono abbandonati e dimenticati. Non mancano poi preghiere per le famiglie che hanno perso un figlio, per chi ha perduto una persona cara, la casa o il lavoro e per tutti coloro che sono torturati, schiavizzati e perseguitati e per chi è vittima di nuove schiavitù. Alle intenzioni espresse si aggiungono poi quelle scritte dai fedeli presenti in Basilica in centinaia di biglietti raccolti in grandi ceste e depositate anch’esse ai piedi del reliquiario della Vergine delle lacrime. Un segno che precede la consegna ad alcuni testimoni dell’Agnello di Dio in cera, antico simbolo di devozione giubilare, e il conclusivo omaggio del Pontefice alla Madonna. «È lei che con la sua mano ci fa rialzare e ci accompagna nel cammino della speranza». I presenti, specie quelli toccati dal dolore, lo sanno bene.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Il gesto In San Pietro la Veglia presieduta da Francesco con le testimonianze di chi ha vissuto esperienze terribili «Il pianto di Gesù è l'antidoto contro l'indifferenza». «La preghiera è la vera medicina per la nostra sofferenza» Papa Francesco durante la Veglia di preghiera per «asciugare le lacrime» ieri nella Basilica di San Pietro
(Siciliani)