Don Milani a Barbiana nella foto scattata dal 21enne Oliviero Toscani - Ansa
Rimasto fortemente impressionato dalle pagine di Esperienze pastorali, Gian Carlo Melli volle conoscere di persona don Lorenzo Milani che di quel testo era l’autore. E così agli inizi del 1959 il giovane avvocato fiorentino e la fidanzata Giuseppina (che poi diverrà sua moglie) decisero di salire a Barbiana. Il priore del piccolo borgo sopra il capoluogo toscano si presentò alla coppia come suo solito: accogliente, diretto, benché anche “urtante” . Da quell’incontro nacque uno stretto rapporto che durerà sino alla morte di don Milani e che verrà accompagnato da un insieme di lettere inviate dal sacerdote a Melli il quale nel 1977 decise di renderle note, pubblicandole in un volumetto per la Lef (Libreria Editrice Fiorentina). A distanza di quarantasette anni la stessa casa editrice ha ristampato l’epistolario col nuovo titolo Lettere a Gian Carlo Melli (Lef; 14 euro; 116 pagine) che viene presentato oggi alle 18 a Firenze alla Biblioteca Delle Oblate. Il volume è arricchito di altri due scritti di Melli e di un inedito portfolio di fotografie.
Dalle missive raccolte emerge tutta la sincera e fraterna amicizia che si instaurò tra l’avvocato di belle speranze e il sacerdote-maestro salito alla ribalta nazionale per il suo “radicale metodo pedagogico”, sperimentato su ragazzi di famiglie povere di “un luogo in disparte” sulle pendici del monte Giovi. Cosa scrive nelle sue missive il priore a Melli (il quale, nel frattempo, era diventato anche consulente legale della scuola e della parrocchia di Barbiana), quali argomenti tratta? Si legge di don Milani che sollecita i fedeli del comprensorio ad essere più ospitali con don Pietro Kuo, il sacerdote giunto dalla Cina a Sesto Fiorentino; chiede «notizie confortanti» nell’eventualità volesse far vedere ai suoi ragazzi il film di Jean Pierre Melville Les enfants terribles (1950); preme affinché si trovi un forte sostegno per la campagna a favore dell’obiezione di coscienza; sprona Melli in una serie di incombenze legali affinché possa tutelare da vessazioni ed imbrogli i suoi parrocchiani; riposta all’amico le lettere che riceve da suoi “figlioli” più grandi andati all’estero per fare esperienza di lavoro ed essere degni «rappresentanti diplomatici della Repubblica di Barbiana»; palesa l’amarezza provata nel leggere un articolo (su di lui e la sua malattia) uscito su Vie nuove, rivista legata al Partito Comunista.
In appendice degli scritti inediti di Gian Carlo Melli mettono in evidenza di don Milani il suo temperamento vulnerabile, un’umana delicatezza , una forte tensione per la «giustizia pubblica», oltre un pensiero e un operato saldamente ancorati alla Chiesa. «Il Vangelo del Signore racchiudeva tutti i suoi principi – scrive Melli –. Da esso don Milani deduceva tutte le conseguenze. Da esso la sua scelta dell’amore come scopo esclusivo della sua vita. E come amare? Amando come ha amato Gesù, senza riserve, gli umili, i poveri, ogni uomo soddisfacendo alla sete di giustizia del mondo, spendendosi tutto per riparare al male dell’egoismo che divide il mondo in oppressi e diseredati e in oppressori». Queste parole di Melli – e a cui bisogna aggiungere, sempre in appendice, delle bellissime foto in bianco e nero scattate a Barbiana in momenti di ricreazione e durante una lezione di musica sulle note di Beethoven – non fanno che riproporci il don Milani “buon pastore” che ha recato in sé e nella sua parola l’ideale della bellezza, speso tutta la sua breve (ma pienissima) vita per gli altri e in una totale dimensione dello spirito.