I giovani, come sempre rispondono con entusiasmo. Sono in 500mila alla Messa, sfidando la pioggia caduta abbondante proprio mentre raggiungevano il parco. Hanno lo sguardo limpido di chi deve ancora imparare il copione della vita, soprattutto hanno il coraggio della fede, quella con cui accendere, sono sempre parole di Dziwisz, “altri cuori, affinché battano al ritmo del cuore di Gesù, che è fonte ardente di carità”. L’unica via percorribile se si vuole che il mondo non sia più abitato “da egoismo, violenza e giustizia” ma “sulla terra si rinforzino la civiltà del bene, della riconciliazione, dell’amore e della pace”.
Parole che sembrano stonate, nel giorno in cui a poche centinaia di chilometri la morte violenta ha insanguinato ciò che di più sacro ha il credente in Gesù, il mistero che porta Dio a offrirsi completamente all’uomo per assumere su di sé tutte le sue colpe, per redimerlo, per testimoniare proprio nel gesto di donarsi, che gli è Padre. E invece no. Nella città della Divina Misericordia, delle cento chiese, di Giovanni Paolo II e Faustina Kowalska, non c’è spazio per nuove barriere, nessuno alza il pollice per invocare vendetta.
La sola risposta possibile è continuare a costruire la cultura del dialogo, dell’incontro. Parlando del martirio di san Pietro l’arcivescovo di Cracovia sottolinea che “il suo sangue una volta versato, divenne seme per la fede e per la crescita della Chiesa, che abbraccia tutta la terra”. Una missione che deve continuare anche oggi. Sull’esempio di Papa Francesco e del suo amore per gli ultimi, che poi è ricetta di Vangelo, per raccogliere l’eredità di papa Wojtyla, iniziatore delle Giornate mondiali della Gioventù “amico dei giovani e delle famiglie”. Amico della vita. Testimone coraggioso dell’annuncio, come sottolinea l’apostolo Paolo che “ne morte né vita.. né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio”.