Con il saluto del Papa si è aperta nell'aula nuova del Sinodo in Vaticano la XVI assemblea su "La vocazione e la missione dekka famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo". Dopo il saluto del Papa e l'introduzione del segretario del Sinodo, cardinale Baldisseri, i lavori sono entrati nel vivo con la lunga e
articolata relazione del segretario generale del Sinodo, cardinale Erdo. Le sfide a cui è sottoposta la famiglia sono tante e in particolare il cardinale Erdö ricorda le migrazioni, le ingiustizie sociali, i salari bassi, la mobilità lavorativa, la denatalità, la violenza contro le donne. Le istituzioni sono fragili, continua la Relazione, e gli uomini hanno paura degli impegni definitivi, concentrati come sono solo sul presente in cui i desideri personali sembrano diventare “veri e propri diritti”.
Il crescente individualismo porta a confondere i confini di istituti fondamentali come il matrimonio e la famiglia, mentre la società dei consumi separa sessualità e procreazione, rendendo la vita umana e la genitorialità “realtà componibili e scomponibili”.
Il matrimonio e la famiglia non lasciano gli individui isolati, bensì trasmettono valori e “offrono una possibilità di sviluppo alla persona umana” insostituibile. Ed è proprio dal matrimonio indissolubile che deriva la vocazione familiare – spiega la seconda parte della Relazione – da quell’indissolubilità che “non è un giogo, ma un dono”. Il matrimonio e la famiglia, infatti, esprimono in modo speciale che “l’essere umano è creato ad immagine e somiglianza di Dio”, che la differenza tra uomo e donna è “per la comunione e la generazione”.
Il cardinale Erdo ribadisce “l’importanza della promozione della dignità del matrimonio e della famiglia”, in quanto “comunità di vita ed amore”. “Chiesa domestica basata sul matrimonio sacramentale tra due cristiani”, “principio di vita nella società”, la famiglia – sottolinea il documento – è il luogo in cui si impara l’esperienza del bene comune”.
La terza parte della Relazione spiega qual è la missione della famiglia oggi: in primo luogo, si ribadisce l’importanza della formazione sia per gli sposi - affinché il matrimonio non sia solo un fatto esteriore ed emozionale, ma anche spirituale ed ecclesiale - sia del clero, così che accompagni le famiglie con “una maturazione affettiva e psicologica”. Senza dimenticare l’esigenza di una “conversione del linguaggio, perché risulti effettivamente significativo”, soprattutto quando si tratta di aiutare chi vive “situazioni problematiche e difficili”, nelle quali occorre collegare “misericordia e giustizia”:
”Ciò costituisce una sfida per i vescovi, per i sacerdoti e per gli altri ministri della Parola e richiede, o può richiedere, nuove forme di catechesi e di testimonianza, in piena fedeltà alla verità rivelataci da Cristo”.
Altra missione delle famiglie è quella della collaborazione con le istituzioni pubbliche, soprattutto là dove “il concetto ufficiale di famiglia non coincide con quello cristiano o con il suo senso naturale”, così da “far valere le reali istanze della famiglia nella società”. Il cardinale Erdö quindi sottolinea:
“I cristiani devono cercare di creare strutture economiche di sostegno per aiutare quelle famiglie che sono particolarmente colpite dalla povertà, dalla disoccupazione, dalla precarietà lavorativa, dalla mancanza di assistenza socio-sanitaria o sono vittime dell’usura. Tutta la comunità ecclesiale deve cercare di assistere le famiglie vittime di guerre e persecuzioni”.
Poi, c’è la
missione “delicata ed esigente” della Chiesa nei confronti dell’integrazione ecclesiale delle famiglie ferite. L’approccio – dice la Relazione - deve essere quello della misericordia e dell’accoglienza, accompagnate però dalla presentazione chiara della verità sul matrimonio. “La misericordia più grande è dire la verità con amore – afferma il cardinale Erdö –. Andiamo al di là della compassione”, perché “l’amore misericordioso attrae ed unisce, trasforma ed eleva, invita alla conversione”.
La Relazione si sofferma, quindi, sui casi specifici: per i conviventi, suggerisce “una sana pedagogia” che guidi i loro cuori “alla pienezza del piano di Dio”; per i divorziati non risposati si incoraggia la creazione di centri di ascolto diocesani per aiutare i coniugi nei momenti di crisi, sostenendo i figli “vittime di queste situazioni” e senza tralasciare “il cammino del perdono e della riconciliazione, se possibile”. Per i divorziati risposati, invece, si richiede “un’approfondita riflessione”, tenendo conto di un principio importante:
“È doveroso un accompagnamento pastorale misericordioso il quale però non lascia dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo stesso.La Relazione introduttiva si sofferma anche sulla così detta “via penitenziale”, specificando che essa può riferirsi a quei divorziati risposati che praticano la continenza e che quindi “potranno accedere anche ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, evitando però di provocare scandalo”. Oppure, essa può intendersi secondo la pratica tradizionale della Chiesa latina che permetteva ai sacerdoti di ascoltare la confessione dei divorziati risposati, dando l’assoluzione solo a chi, di fatto, si proponeva di cambiare vita. Riguardo poi alla “legge di gradualità” per l’accostamento ai Sacramenti, si specifica: “Anche se alcune forme di convivenza portano in sé certi aspetti positivi, questo non implica che possono essere presentati come beni”. Tuttavia, poiché “la verità oggettiva del bene morale e la responsabilità soggettiva del singolo” sono distinte, allora “a livello soggettivo può avere luogo la legge della gradualità e quindi l’educazione della coscienza”.
Un ulteriore paragrafo viene dedicato alla
pastorale verso le persone omosessuali: esse vanno accolte “con rispetto e delicatezza”, evitando ogni marchio di ingiusta discriminazione, spiega la Relazione, ricordando però che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”.
Inoltre, il cardinale Erdö aggiunge che non è accettabile che i Pastori della Chiesa subiscano pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso.
Gli ultimi paragrafi della Relazione affrontano il
tema della vita, della quale si riafferma il carattere inviolabile dal concepimento fino alla morte naturale. No, quindi, ad aborto, accanimento terapeutico, eutanasia e sì all’apertura alla vita come “un’esigenza intrinseca dell’amore coniugale”. Il cardinale Erdö ricorda anche la grande opera della Chiesa nel sostenere le gestanti, i bambini abbandonati, chi ha abortito, le famiglie impossibilitate nel curare i loro cari ammalati. La Chiesa fa sentire la sua presenza, supplendo alle mancanze dello Stato ed offrendo un sostegno umano e spirituale all’opera assistenziale, dice il Relatore generale, e questi sono “valori che non è possibile quantificare con i soldi”.
Incoraggiare l’adozione di bambini, una forma di apostolato familiare
Raccomandando, inoltre, di “promuovere la cultura della vita di fronte alla sempre più diffusa cultura di morte”, la Relazione suggerisce anche “un adeguato insegnamento circa i metodi naturali per la procreazione responsabile”, riscoprendo il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI. Centrale anche l’incoraggiamento all’adozione di bambini, “forma specifica di apostolato familiare”.
Infine, in ambito educativo, si ricorda che “i genitori sono e rimangono i primi responsabili per l’educazione umana e religiosa dei loro figli” e che spetta alla Chiesa incoraggiarli e sostenerli “nella partecipazione vigile e responsabile” ai programmi scolastici ed educativi dei figli. La Relazione si conclude, quindi, esortando la Chiesa a “convertirsi e a diventare più viva, più personale, più comunitaria”, testimone della “più grande misericordia” di Dio.
Oltre al card. Erdö, la prima Congregazione generale del Sinodo dei vescovi ha visto l’intervento del presidente delegato,
l’arcivescovo di Parigi, card. André Vingt-Trois, il quale ha sottolineato che il Sinodo non è una prova di forza, di cui i media sono gli arbitri, ma un cammino di comunione, verso ciò che a Dio più piace. Nessun dubbio, quindi, sulla dottrina dell’indissolubilità del matrimonio, ma attenzione a comprendere come realizzare meglio percorsi di misericordia per invitare i fedeli alla conversione e giungere al perdono.
Quindi, il
segretario generale dell’Assise, card. Lorenzo Baldisseri, ha ripercorso, in senso cronologico, il cammino preparatorio di questo 14.mo Sinodo ordinario, sottolineando che la famiglia è un tema “importante e trasversale” che riguarda non solo i cattolici, ma tutti i cristiani e l’umanità intera. Invitando, poi, l’Assemblea a lavorare costantemente “nell’unità e per l’unità”, il porporato ha salutato i tanti coniugi presenti al Sinodo in qualità di Uditori o Esperti: tra loro – ha ricordato - c’è una significativa presenza femminile da cui si attende “uno speciale contributo affinché il Sinodo possa guardare alla famiglia con lo sguardo tenero, attento e compassionevole delle donne”. Infine, da ricordare la meditazione iniziale della Congregazione, affidata al cardinale
Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente della Conferenza episcopale dell’Honduras, il quale ha auspicato che il Sinodo sia uno spazio di dialogo e non di difesa ad oltranza delle idee. Di qui, l’esortazione a camminare in pace, la pace di Cristo, affinché il Signore dia speranza e gioia a tutte le famiglie.