Agli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Carissime, Carissimi,
“si può pensare legittimamente che il futuro dell'umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza” (GS 31). Si è parlato e scritto, nel tempo recente, di epoca delle passioni tristi, di giovani disillusi e smarriti, demotivati e scettici, di generazione senza futuro… e non mancano fattori di oggettivo riscontro. Ma sono certo che gli Universitari della “Cattolica”, cui per la prima volta, con grande gioia ed un po’ di trepidazione, oggi mi rivolgo come Presidente dell’Istituto Toniolo, non sono vinti dal ripiegamento sconfitto. Il Sacro Cuore genera anche oggi cuori pulsanti e vivi, generosi, nutriti di grandi ideali. Ciò appartiene del resto al carattere proprio della fede cristiana. Fin dalle origini, infatti, nella scelta del termine “vangelo” per indicare sinteticamente l’avvenimento di Gesù Cristo, risuona la luce di una speranza viva, di un dinamismo che fa storia: «Cristo mia speranza è risorto e vi precede in Galilea», canta la Sequenza di Pasqua.È la buona, la grande notizia; più radicalmente, quell’esperienza che ti cambia la vita, quella perla preziosa per cui vale la pena di vendere tutto il resto. È l’incontro con Gesù. Nulla a che vedere con un vago sentire, con l’emozione di un momento. È, piuttosto, quel fuoco vitale che illumina l’esistenza: una apertura di futuro che si iscrive nel quotidiano. La fede cristiana non è semplice adesione a una dottrina e ad una morale (anche!); è anzitutto e fondamentalmente una relazione personale: «All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Benedetto XVI, Deus Caritas Est 1).Abbiamo incontrato Colui che mostra all’uomo il cammino. Del resto l’aveva detto Lui stesso: «Sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).Non ci accodiamo, perciò, ai profeti di sventura, ma seguendo fiduciosi il Santo Padre, facciamo «emergere soprattutto quel grande "sì" che in Gesù Cristo Dio ha detto all'uomo e alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo. Il cristianesimo è infatti aperto a tutto ciò che di giusto, vero e puro vi è nelle culture e nelle civiltà, a ciò che allieta, consola e fortifica la nostra esistenza». Nessuna retorica di maniera. I discepoli di Cristo «non ignorano e non sottovalutano però quella pericolosa fragilità della natura umana che è una minaccia per il cammino in ogni contesto storico; in particolare, non trascurano le tensioni interiori e le contraddizioni della nostra epoca». Incoraggiati dall’insegnamento del Concilio Vaticano II, di cui ci disponiamo a celebrare il 50°, istruiti dall’insegnamento di Giuseppe Toniolo - che domenica celebreremo Beato - rendiamo limpido il nostro sguardo sul mondo: «Redento, infatti, da Cristo e diventato nuova creatura nello Spirito santo, l’uomo può e deve amare le cose che Dio ha creato. Da Dio le riceve, e le guarda e le onora come se al presente uscissero dalle mani di Dio. Di esse ringrazia il Benefattore e, usando e godendo delle creature in povertà e libertà di spirito, viene introdotto nel vero possesso del mondo, quasi al tempo stesso niente abbia e tutto possegga [cf 2Cor 6,10]: “Tutto infatti è vostro: ma voi siete di Cristo, e Cristo di Dio” (1Cor 3,22-23)» (Gaudium et spes 37).
Carissimi Universitari della “Cattolica”, queste parole suonano come una forte pro-vocazione. Infatti, senza mai lasciarsi catturare dalle forme storico-politiche contingenti, la fede cristiana autentica ci immerge nelle figure storiche di cui l’uomo vive (e, a volte, purtroppo muore), per rinnovarle alla luce del Vangelo. Per questo è necessaria una formazione culturale robusta, quale l’Università Cattolica è chiamata a dare. Una formazione fatta di accurata competenza e in cui il soggetto è spinto ad andare al fondo della propria esperienza di fede, a diventare consapevole dei suoi contenuti e delle sue ragioni, a vagliare tutto secondo lo Spirito (cf 1Cor 2, 10-16), sul sentiero che conduce alla verità tutta intera (cf Gv 16, 13). Una educazione a tutto tondo, «un’introduzione dell’uomo alla realtà totale» capace di cogliere il reale nella sua multiforme complessità, nella sua inesauribile novità.La fede cristiana esige di incarnarsi nella vita: questo radicarsi della Chiesa nel tempo e nello spazio riflette, in ultima analisi, il movimento stesso dell'Incarnazione: «L'uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai maestri, più all'esperienza che alla dottrina, più alla vita e ai fatti che alle teorie. La testimonianza della vita cristiana è la prima e insostituibile forma della missione» (Redemptoris Missio 42; cf Evangelii Nuntiandi 21, 41, 76).Un nuovo slancio per l’impegno: la fede senza le opere è morta. E le opere della fede manifestano un modo nuovo di interpretare e realizzare la vita del singolo, delle comunità, della società.La nostra responsabilità di cristiani è in proposito davvero grande: siamo anche noi uomini dalle passioni tristi? Quale immagine di Gesù coltiviamo e trasmettiamo? Quale traspare dal nostro stile di vita?La fede nell’evento di Gesù Cristo ci sorprende, interroga e non lascia nulla di immutato: «cambiate vita», esclama Pietro a Pentecoste. Il cambiamento sembra così radicato nella mentalità giovanile, sempre assetata di novità. Ma, a ben guardare, si tratta spesso di un cambiamento fine a se stesso, non di quella presa di coscienza profonda (conversione) che subito dà inizio al nuovo: un volgersi veloce a Gerusalemme, trasformati da quell’incontro decisivo: «avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane». Si impone in tal modo il tema della Giornata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: “Il futuro del Paese nel cuore dei giovani”. Un cuore rigenerato dalla Pasqua, la grande mutazione incisivamente descritta da Papa Benedetto: «L'amore di Dio… è la vera potenza contro la morte, è più forte della morte. La risurrezione fu come un'esplosione di luce, un'esplosione dell'amore che sciolse l'intreccio fino ad allora indissolubile del "muori e divieni". Essa inaugurò una nuova dimensione dell'essere, della vita, nella quale, in modo trasformato, è stata integrata anche la materia e attraverso la quale emerge un mondo nuovo. È chiaro che questo avvenimento non è un qualche miracolo del passato il cui accadimento potrebbe essere per noi in fondo indifferente. È un salto di qualità nella storia dell'"evoluzione" e della vita in genere verso una nuova vita futura, verso un mondo nuovo che, partendo da Cristo, già penetra continuamente in questo nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé» (Benedetto XVI, Veglia Pasquale 2006).È su questo sfondo che ritrova solido alimento l’opera educativa, che non è tale se non veste i panni della testimonianza di vita: essa infatti è relazione qualificata e qualificante, incontro impegnativo di due libertà in un contesto di comunione. Senza questo elementi costitutivi rimane in superficie, incapace di radice e di identità.Il riferimento all’evento fondatore di Gesù Cristo fa della traditio ecclesiale esperienza viva in cui la libertà del soggetto trova il nesso con la verità e con l’amore, che dà respiro e salvezza. Se non si nutre quotidianamente della novità di Cristo, concretamente vissuto nella communitas docentium et studentium cui sempre deve tendere un’Università cattolica, la libertà implode nella ripetizione o esplode nell’arbitrio. Alla luce della novità pasquale riprende vigore e si rigenera il tessuto ecclesiale e dà forma dinamica a figure esemplari come Giuseppe Toniolo e ad eventi come il VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Non mancherà certo la partecipazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con entusiasmo, slancio festoso, e prima di tutto con la riflessione e la preghiera. Vi attendo, per accogliere con gioia Benedetto XVI, Pastore e guida della Chiesa nel nostro tempo.
+ Angelo Card. ScolaArcivescovo di Milano