"Quando Papa Francesco
sarà davanti al muro del Tempio, testimone inerme dell'opera e
della passione di Gesù, il popolo ebraico si troverà accanto a
lui". Ne è convinto, e lo scrive sull'Osservatore romano, il
rabbino argentino di origine polacca Abraham Skorka, amico di
Jorge Mario Bergoglio dai tempi in cui l'attuale papa era
arcivescovo di Buenos Aires, e che accompagnerà il Papa a
Gerusalemme e Betlemme, nel'ormai imminente viaggio di papa
Bergoglio in Terrasanta.
Il rabbino Skorka firma sul giornale vaticano un articolo
intitolato "Le vie della pace", in cui spiega il senso del
pellegrinaggio per l'ebreo, come porsi davanti al Signore
"offrendogli il migliore dei doni: una realtà nella terra che
egli possa benedire pienamente con la sua pace". In questa
interpretazione ebraica del pellegrinaggio, condivisibile per i
cristiani, va cercato il senso della speranza comune del Papa e
del rabbino Skorka, speranza che il loro viaggio possa
contribuire alla pace effettiva in Terrasanta, nei tempi e modi
che le condizioni storiche consentiranno.
Un elemento di interesse dell'articolo di Skorka è nel suo
ricordo del sionismo di Martin Buber. Agli albori del sionismo,
Buber pubblicò un saggio, "Tra il popolo e la sua terra", in
cui, osserva il rabbino amico di Bergoglio, "si sofferma sul
profondo significato che la terra d'Israele ha per il popolo
ebraico nel suo rapporto con Dio". "Ritornare pienamente a Sion
dovrebbe significare, seguendo Buber, ricreare il patto di
Israele con Dio", ma la "sfida che il popolo ebraico deve
affrontare per tornare alle sue origini, nel luogo dove si
trovavano da sempre le sue radici", è "la sfida posta da Dio,
attraverso i suoi profeti, di plasmare una società di giustizia,
di rettitudine e di misericordia e d'impegnarsi profondamente
nella ricerca delle dimensioni spirituali dell'esistenza".
"Per
tornare pienamente a Sion - sottolinea Skorka - il popolo ha
bisogno di una realtà di pace che gli consenta di smettere di
concentrare la propria attenzione e i propri sforzi sulla sua
difesa, al fine di potersi guardare dentro". Il popolo deve
affrontare "la sfida di compiere uno sforzo sincero affinché
nella regione il dialogo prevalga sulla violenza, il
riconoscimento della fratellanza superi l'odio che acceca".
"Comprendo - commenta Skorka - che il popolo ebraico in
Israele e in tutte le comunità sparse nel mondo desideri dal
Papa gesti che sappiano lasciare un segno indelebile, capaci
d'ispirare tutti a forgiare la via che conduce alla
materializzazione del sogno profetico che presenta Sion come
l'epicentro mondiale della pace, dove le spade diventano vomeri
e dove nessuno si esercita più per la guerra, come predisse
Isaia".
"D'altro canto - prosegue il rabbino - desiderano un
approfondimento del processo di riconciliazione e di dialogo
avviato con Nostra aetate", "dobbiamo allontanarci da ogni
espressione che conduca a un qualsivoglia sincretismo e unirci
in un fecondo dialogo fraterno".