mercoledì 27 luglio 2016
Francesco alla nazione polacca: superare le paure e promuovere l’accoglienza
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Il suo primo viaggio nell’Europa centro-orientale è iniziato dalle fortificazioni che innalzano il Wawel, il simbolo della nazione e dell’identità polacca. Andrzej Duda, il giovane presidente eletto da un anno, Francesco l’ha incontrato nella sala del Castello che s’affaccia sulla Vistola e nel primo discorso alle autorità del Paese Francesco ha voluto parlare di memoria e identità ma anche di saggezza e misericordia per superare le paure e promuovere l’accoglienza nei confronti dei migranti. Alla Polonia – «che ha avuto fra i suoi figli l’indimenticabile san Giovanni Paolo II, ideatore e promotore delle Giornate Mondiali della Gioventù» – papa Francesco ha così ricordato che quando Wojtyla parlava dei popoli, «partiva dalla loro storia per farne risaltare i tesori di umanità e spiritualità», ma anche che la «coscienza dell’identità, libera da complessi di superiorità, è indispensabile per organizzare una comunità nazionale, per ispirare la società e la cultura, mantenendole fedeli alla tradizione e al tempo stesso aperte al rinnovamento e al futuro». Citando le recenti celebrazioni per il 1050° anniversario del battesimo della Polonia ha ricordato che «non può esistere dialogo se ciascuno non parte dalla propria identità. Nella vita quotidiana di ogni individuo, come di ogni società – ha spiegato – vi sono però due tipi di memoria: buona e cattiva, positiva e negativa. «La memoria buona è quella che la Bibbia ci mostra nel Magnificat, il cantico di Maria, che loda il Signore e la sua opera di salvezza. La memoria negativa è invece quella che tiene lo sguardo della mente e del cuore ossessivamente fissato sul male, anzitutto su quello commesso dagli altri». Francesco ha allora indicato un esempio di «buona memoria»: la celebrazione dei cinquant’anni del perdono reciprocamente offerto e ricevuto tra gli episcopati polacco e tedesco, dopo la seconda guerra mondiale che fu sottoscritto nel 1965, alla fine del Concilio Vaticano II, dal Primate Stefan Wyszyński e dal cardinale Bolesław Kominek. Un atto di coraggio dell’episcopato polacco, criticato al momento, che – in quelle difficili circostanze politiche – perdonò e chiese perdono, seppure la Polonia fu la prima e la più grande vittima della follia nazista. Altro esempio di «memoria buona» citata da Papa è la storica dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica di Polonia e quella ortodossa di Mosca firmata nel 2012, nel castello reale di Varsavia, dal patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill e dal presidente della Conferenza episcopale polacca: «Un atto che ha avviato un processo di avvicinamento e fraternità» mostrando come «la nazione polacca può far crescere la memoria buona e lasciar cadere quella cattiva».  Un accenno del discorso è rivolto alla difesa della vita ricordando che «la vita va sempre accolta e tutelata – entrambe le cose insieme – dal concepimento alla morte naturale, e tutti siamo chiamati a rispettarla e ad averne cura», ciò significa tutelare la vita dalla nascita in tutto il suo svolgimento. Guardando invece alle problematiche del momento ha parlato del coraggio della verità e di un costante impegno affinché i processi decisionali e operativi come pure le relazioni umane siano sempre rispettosi della dignità della persona. «Ogni attività ne è coinvolta – ha detto – anche l’economia, il rapporto con l’ambiente e il modo stesso di gestire il complesso fenomeno migratorio». E su questo punto sensibile, che tocca in certa misura anche la Polonia, il Papa ha invitato a tener conto «sia di chi ha lasciato il Paese e vuole rientrare, sia chi scappa da conflitti e miseria». «Occorre individuare le cause dell’emigrazione dalla Polonia – ha detto il Papa – facilitando quanti vogliono ritornare. Al tempo stesso, occorre la disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame; la solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede. Nello stesso tempo vanno sollecitate collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre, che costringono tante persone a lasciare le loro case e la loro patria».
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