sabato 12 aprile 2014
​Il vescovo: non va confusa con altre unioni.
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L’appello forte è alla politica. Perché – verrebbe da dire "finalmente" – «riconosca» nella famiglia uno dei principali soggetti «titolari di diritti che precedono lo Stato e che diversamente, ma in misura non minore, concorrono al bene comune». Per questo, invocare «un trattamento equo della famiglia dal punto di vista economico e fiscale» non può essere visto come una richiesta fine a se stessa, ma come una sollecitazione a intraprendere un’azione «necessaria e urgentissima» per «il bene comune della nostra comunità nazionale», così come è necessaria una riforma di tutta la materia fiscale, «in modo da riconoscere lo specifico e costoso contributo che l’istituto familiare fornisce alla collettività», considerate le «tante cose che di norma la famiglia fa meglio e a costi inferiori rispetto a chiunque altro, e particolarmente rispetto allo Stato, e poi ci sono anche cose che di norma solo lei può fare». Agendo al contrario, infatti, è facile rendersi conto che «quando la politica opera per modificare la città in qualcosa che va stretto alla famiglia, è fatale che la famiglia divenga anche e immediatamente questione politica, con ricadute economiche di non poco conto». È quanto afferma il documento conclusivo della 47ª Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Torimo dal 12 al 15 settembre scorsi, e presentato ieri a Roma dal presidente e dal vicepresidente del Comitato scientifico delle "Settimane", monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari, e Luca Diotallevi, con il sottosegretario della Conferenza episcopale italiana monsignor Domenico Pompili. Una conferenza stampa, come ha sottolineato Miglio, che col suo cadere all’indomani di una cronaca segnata «dalla sentenza della Cassazione sulla legge 40 (che ha ammesso la fecondazione eterologa, ndr) e da quella del tribunale di Grosseto (che ha imposto la registrazione di un matrimonio gay contratto all’estero, ndr), una volta di più mostra come parlare di famiglia voglia dire andare a toccare un nervo scoperto, anche per il clima culturale che si respira». D’altra parte, come ha osservato Pompili, «la Chiesa italiana non manca di offrire un’interpretazione globale del momento sociale, a partire dalla famiglia che resta la "differenza fondamentale" tra una società aperta alla relazione plurale e una società chiusa in un individualismo autosufficiente».Questo del resto, ha insistito il sottosegretario della Cei, può essere considerato il punto di partenza «per cogliere l’originalità del testo presentato». E «l’azione e il pensiero di papa Francesco, d’altra parte, «stanno restituendo maggiore evidenza al principio per cui "tutto si tiene insieme". e non si può parlare di famiglia semplicemente a partire da una descrizione astratta e avulsa dal contesto storico-sociale, ma neanche lasciarsi schiacciare solo sui presunti dati di fatto, a cui sarebbe giocoforza conformarsi».Ed ecco, allora, come il documento presentato ieri inviti da subito a considerare la particolare situazione odierna, nella quale la gran parte delle famiglie italiane debbono fare i conti con difficoltà varie, a partire dal lavoro che scarseggia, i redditi che diminuiscono, la disoccupazione crescente. «Solo coloro che hanno conosciuto la situazione dell’Italia alla fine della Seconda Guerra Mondiale – sottolinea il testo – ricordano una crisi sociale e civile più dura di quella in corso. Di conseguenza, per la maggior parte della popolazione italiana quelli che stiamo vivendo sono anni - ormai neppure pochi - che hanno l’aspetto di una realtà durissima, sconosciuta e imprevista. Chi era a Torino non analizzava o raccontava tutto questo col distacco dell’esperto, ma lo stava vivendo. Come la maggior parte di coloro che erano a casa».
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