Papa Francesco presiede la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, dove sono arrivate 40mila persone. Nel luogo che ha visto tanti martiri cristiani andare incontro alla morte nella sequela di Cristo, certi della Risurrezione, Francesco segue la Croce stazione dopo stazione. Quest’anno i testi delle meditazioni sono stati scritti dall’arcivescovo di Campobasso-Bojano, Giancarlo Maria Bregantini. Un grande affresco sulle sofferenze più acute del nostro tempo, dipinto con i tratti di una profonda spiritualità e della sapienza evangelica, illuminato dal volto del Crocifisso. (Il libretto della Via Crucis è scaricabile qui)
L'attualità riletta alla luce della Parola. Come ha osservato lo stesso Bregantini, in un'intervista ad Avvenire, le meditazioni, dedicate al tema «Volto di Cristo volto dell'uomo», sono ben radicate nei temi più vivi dell'attualità ma «senza perdersi nella cronaca» e guardano a quanto sta facendo papa Francesco con i suoi gesti e le sue parole. Seminati tre le righe delle riflessioni appaiono fatti, situazioni ed eventi che tutti i giorni passano sui media, ma c'è spazio anche per atteggiamenti, stili di vita, fenomeni sociali. Come accade nella prima stazione, dal titolo «Il dito puntato che accusa», che a partire dalla «condanna sbrigativa di Gesù» mette in guardia da «facili accuse, giudizi superficiali tra la gente, insinuazioni e preconcetti che chiudono il cuore e si fanno cultura razzista, di esclusione e di "scarto", con le lettere anonime e le orribili calunnie». Nella seconda stazione, «Il pesante legno della crisi», l'invito è a riflettere sul peso della Croce di Gesù: «È anche il peso di tutte le ingiustizie che hanno prodotto la crisi economica, con le sue gravi conseguenze sociali: precarietà, disoccupazione, licenziamenti, un denaro che governa invece di servire, la speculazione finanziaria, i suicidi degli imprenditori, la corruzione e l'usura, con le aziende che lasciano il proprio Paese. Questa è la croce pesante del mondo del lavoro, l'ingiustizia posta sulle spalle dei lavoratori. Gesù la prende sulle sue e ci insegna a non vivere più nell'ingiustizia». «La fragilità che ci apre all'accoglienza» è il tema della terza stazione, nella quale emerge la figura di Gesù che «ci aiuta ad accogliere la fragilità degli altri», invitandoci ad accogliere «tra noi la fragilità degli immigrati». A partire dalla figura di Maria, poi, la quarta stazione, «Le lacrime solidali», pone al centro tutte le madri che soffrono, «per i figli lontani, per i giovani condannati a morte, trucidati o partiti per la guerra, specie i bambini-soldato». Oppure «per i loro figli, morenti a causa dei tumori prodotti dagli incendi dei rifiuti tossici», come nella terra dei fuochi, o ancora «per i giovani travolti dalla precarietà o inghiottiti dalla droga e dall'alcol». La quinta stazione, «La mano amica che solleva», vede nel volontariato una strumento per generare «una fraternità mistica, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo». «La tenerezza femminile» è il tema suscitato dalla figura della Veronica nella sesta stazione, che porta un forte appello alla «gratuità amorevole» verso «ogni prossimo da consolare», soprattutto coloro che «muoiono di solitudine». Alla settima stazione si trova uno dei temi più cari all'autore delle meditazioni, come più volte sottolineato dallo stesso Bregantini: «L'angoscia del carcere e della tortura». In Cristo, scrive Bregantini, «si riconosce l'amara esperienza dei detenuti di ogni carcere, con tutte le sue disumane contraddizioni. Circondati e accerchiati, "spinti con forza per cadere". Il carcere, oggi, è ancora troppo tenuto lontano, dimenticato, ripudiato dalla società civile. Ci sono le assurdità della burocrazia, le lentezze della giustizia. Doppia pena è poi il sovraffollamento: è un dolore aggravato, un'ingiusta oppressione, che consuma la carne e le ossa». Ma «più grave è la pratica della tortura, purtroppo ancora diffusa in varie parti della terra, in molteplici modi. Come è stato per Gesù: anche Lui percosso, umiliato». Di fronte a tutto questo è proprio Cristo «il nostro aiuto per non essere consegnati alla paura». Il ministero della consolazione. Tutte le meditazioni sono un invito a farsi carico delle sofferenze dell'uomo. Lo stile da adottare emerge con forza nell'ottava stazione, dal titolo significativo: «Condivisione e non commiserazione». Un testo nel quale il presule inserisce anche un appello contro la violenza sulle donne. «Vincere la cattiva nostalgia» è il tema della nona stazione, contenente una meditazione che invita a superare l'immobilismo provocato dalla paura del domani e a guardare all'«oltre», che si scorge attraverso l'afflizione. Un invito rivolto soprattutto ai «perseguitati, ai morenti, ai malati terminali, agli oppressi». «In Gesù, innocente, denudato e torturato, riconosciamo la dignità violata di tutti gli innocenti, specialmente dei piccoli», nota Bregantini nella decima stazione, «L'unità e la dignità». Dio, prosegue il presule, «è irrevocabilmente e senza mezzi termini dalla parte delle vittime». Gesù inchiodato alla Croce, nell'undicesima stazione, «Al letto degli ammalati», offre lo spunto per riflettere sui «molti nostri fratelli e sorelle inchiodati a un letto di dolore». Nella dodicesima stazione, «Il gemito delle sette parole», è una riflessione in forma di preghiera sulle frasi pronunciate da Gesù sulla croce, autentico «capolavoro di speranza». «L'amore è più forte della morte», poi, è il titolo della tredicesima stazione, che, a partire dall'immagine di Maria che raccoglie il corpo di Gesù, ricorda come «pietà significa farsi prossimi dei fratelli che sono nel lutto e non si danno pace». E, infine, l'ultima tappa: «Il giardino nuovo» è il titolo della quattordicesima stazione. «Finalmente vediamo il volto del nostro Signore – conclude Bregantini –. E conosciamo in pienezza il suo nome: misericordia e fedeltà, per non restare mai confusi, nemmeno davanti alla morte». (I testi delle meditazioni del vescovo Bregantini sono stati pubblicati dalla Libreria Editrice Vaticana a cui appartengono i diritti dei brani qui riportati)