Un invito a «riflettere sull’importanza della testimonianza di fede e di vita cristiana di ciascuno di noi e delle nostre comunità per manifestare il volto della Chiesa e come questo volto venga, a volte, deturpato». Con un pensiero «in particolare alle colpe contro l’unità della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale». Lo ha rivolto ieri Benedetto XVI nell’omelia pronunciata nel corso del tradizionale rito delle Ceneri che ha segnato l’inizio del tempo liturgico della Quaresima. Un invito e un pensiero che avrebbero comunque attratto l’attenzione dei media, ma che con l’inatteso annuncio di lunedì hanno assunto un sapore particolare. Così come la constatazione che anche ai nostri giorni «molti sono pronti a "stracciarsi le vesti" di fronte a scandali e ingiustizie - naturalmente commessi da altri -, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio "cuore", sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta». L’«austero» rito delle Ceneri quest’anno non si è svolto come consuetudine nella Basilica di Santa Sabina sull’Aventino, ma nella Basilica Vaticana. Sono state le «circostanze» a suggerire il cambiamento, come ha notato con delicatezza il Papa, che ha aggiunto come la celebrazione fosse per lui «un’occasione propizia per ringraziare tutti, specialmente i fedeli della diocesi di Roma, mentre mi accingo a concludere il ministero petrino, e per chiedere un particolare ricordo nella preghiera». Quest’anno, così, a cospargere le ceneri sul capo del Pontefice è stato il cardinale Angelo Comastri che è l’arciprete di San Pietro e vicario del Papa per la Città del Vaticano. Il Papa a sua volta cosparge il capo a 23 persone a cominciare dal cardinal decano Angelo Sodano e dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Al momento della preghiera eucaristica il Papa è stato affiancato da Sodano e dal cardinale Giovanni Battista Re. Numerosissimi i porporati e i vescovi presenti. Tantissimi i fedeli che hanno gremito la Basilica. Alla fine della celebrazione il cardinale Bertone ha letto un breve ma intenso indirizzo di saluto al «Beatissimo Padre». «Tutti noi abbiamo compreso – ha detto il segretario di Stato vaticano – che è proprio l’amore profondo che vostra Santità ha per Dio e per la Chiesa che l’ha spinta a questo atto, rivelando quella purezza d’animo, quella fede robusta ed esigente, quella forza dell’umiltà e della mitezza, assieme ad un grande coraggio, che hanno contraddistinto ogni passo della sua vita e del suo ministero, e che possono venire solamente dallo stare con Dio, dallo stare alla luce della parola di Dio, dal salire continuamente la montagna dell’incontro con Lui per poi ridiscendere nella Città degli uomini». Dopo le parole pronunciate dal segretario di Stato con voce rotta dalla commozione, in San Pietro è risuonato uno scrosciante applauso. Molti i volti commossi. Un cerimoniere pontificio è stato immortalato dalle telecamere mentre si asciuga le lacrime con un fazzoletto bianco. Il battimano è lunghissimo. Sembra interminabile. È il Papa stesso ad interromperlo con un «grazie, ritorniamo alla preghiera». Ma l’applauso è continuato dopo la benedizione e ha accompagnato il Pontefice fino all’uscita. Quella di ieri è stata l’ultima Messa pubblica del Papa. Il 28 febbraio, giorno in cui Benedetto XVI lascerà la guida della Chiesa universale, non è lontano. Ma i fedeli avranno ancora alcune occasioni per poterlo salutare in questo mese di febbraio: agli Angelus di domenica 17 e 24 e all’udienza generale del 27.