venerdì 19 giugno 2015
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Un Papa che parla di ecologia, di clima, di inquinamento… Dica la verità: da scienziato, considera questa enciclica un’invasione di campo?Guardi, chi trova strano che un Papa parli di scienza non ha letto l’enciclica, perché io, al contrario, vi ho riscontrato un atteggiamento molto scientifico – risponde Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia, recente autore con Giorgio Metta del volume Umani e umanoidi. Vivere con i robot (Il Mulino) –. Anche laddove sembra che il Pontefice “accusi” la scienza per la deriva presa dalle tecnologie industriali e sociali, in realtà leggiamo una obiettiva constatazione di fatti che non possono essere ignorati. Da scienziato apprezzo molto che papa Francesco presenti un’analisi scientifica e numerica dei problemi della fame e dell’urbanizzazione, dell’inquinamento e dello spreco. Non “ridurrei” (passatemi il termine, che non vuole essere irrispettoso) questo testo a una mera dissertazione religiosa o filosofica. Lo apprezza anche quando Francesco accusa la scienza di consegnarci, malgrado i lodevoli sforzi, una terra meno ricca e bella?Non vedo un atto d’accusa in quanto l’obiettivo della scienza non era la deriva che il Papa descrive e che è sotto gli occhi di tutti. Semmai, l’accusa ricade sullo sciagurato uso che l’uomo fa delle conoscenze scientifiche e sulla mancanza di una cultura della sostenibilità. Noi scienziati siamo mossi da una motivazione trascendentale, che è la conoscenza. Quello che scopriamo diventa tecnologia e a quel punto il Papa ha ragione: non è più un oggetto neutro. La tecnologia impatta sulle abitudini, sull’economia, sugli equilibri. Non è la conoscenza a generarli, ma la scarsa sostenibilità delle sue traduzioni concrete. Prendiamo Internet: chi può contestare la bellezza di essere connessi in Rete? Nessuno, ma le primavere arabe, nate con questo presupposto, sono fallite perché quelle società non erano in grado di metabolizzare le conoscenze che usavano.Concretamente, come si esce dall’impasse?Non vorrei raffreddare gli entusiasmi, ma la sostenibilità è un problema recentissimo del pianeta. Per millenni tutto ha funzionato (quasi) alla perfezione, poi, da 6000 anni, è apparsa la società umana e solo negli ultimi 30 sono iniziati i problemi veri e solo da 10 gli scienziati hanno cominciato a parlarne sul serio. Dico gli scienziati, per sottolineare che la consapevolezza nella popolazione è ancor minore. Per uscire da un problema occorre prenderne coscienza e agire. Non si supera l’inquinamento della plastica senza incentivare nuovi materiali e vietare quelli inquinanti. Non si risolve il problema delle migrazioni erigendo muri ma aggredendo i problemi della penuria di acqua e cibo nelle aree povere e desertiche. Tutto questo c’è nell’enciclica, è detto con le parole di un Papa ma viene messo scientificamente a fuoco. E al termine della lettura si è confermati nella convinzione che non serve essere religiosi per trovare la motivazione di costruire un futuro migliore per i nostri nipoti.Il Papa ci invita anche a pensare il mondo con tutti i suoi equilibri e squilibri come «aperto alla trascendenza di Dio». Lei ci riesce?Io non ho la grande fede del Papa, ma il mio concetto di trascendenza è quello del disagio dell’ignoranza: cioè sentirsi impotentemente ignoranti di fronte a misteri che sono fuori dalla portata del nostro cervello e rispetto ai quali ciascuno trova il suo disegno del divino. Io lo trovo in questo limite, che, beninteso, è una sconfitta per chi come me crede che tutto sia nella conoscenza.Dica la verità, lo scorge Dio in ciò che studia?Come nanotecnologo mi impressiona l’idea di un Architetto che con sei atomi ha fatto tutto quello che c’è di organico e di biologico: io, lei, un mobile, un cavallo… cambia solo la disposizione nello spazio di questi atomi. Chi l’ha fatto era un genio di portata illimitata. Di fronte a questa trascendo. Se poi penso all’universo devo accettare l’esistenza di un infinito insondabile o di un nulla – pre Big Bang – altrettanto irraggiungibile dalla mente. E mi trovo a trascendere anche lì. In quei momenti annuso la trascendenza.Un’incursione nel suo privato, ma solo per arrivare alla domanda finale: per correggere gli squilibri planetari occorre che la scienza abbia un’etica?La correzione degli squilibri spetta alla politica. Guai a una società tecnocratica, governata dagli scienziati. Semmai, servirebbe più conoscenza tecnica in chi gestisce le società, questo sì. Quanto al profilo etico dello scienziato, storicamente la specializzazione delle scienze ha distaccato questa figura da quella del filosofo e del teologo, quindi il percorso non è quello di caricare la scienza di una “competenza” etica, ma, ed è l’effetto che - credo - vuole avere l’enciclica, educare gli scienziati come cittadini e quindi tutti i cittadini a un’etica della sostenibilità, attraverso la scuola, i giornali e tutte le agenzie culturali. Quando dico l’etica non parlo di “pacchetti” di valori, del tipo “aiuta il migrante” oppure “paga le tasse”. L’azione che serve è spiegare fin da bambini ai cittadini di domani quali siano i problemi e quali le conseguenze se non li si affronta in modo etico. Come fa il Papa in quest’enciclica, che mi pare molto più scientifica di quel che sembra. Alla base di questa lettera c’è l’idea che ogni azione – “ecologica” o meno – ha una conseguenza e questa non è religione: è un principio di base della fisica!
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