«Come potremmo raccomandare a questi genitori di fare di tutto per educare i figli alla vita cristiana, dando loro l'esempio di una fede convinta e praticata, se li tenessimo a distanza dalla comunità, come se fossero scomunicati». In questa frase di Francesco tutta la drammatica urgenza con cui la Chiesa guarda al problema dei divorziati risposati. Consapevole che le scelte adottate finora verso queste persone presentano incongruenze e impongono pesi poco coerenti con quel cuore di madre che, come ha spiegato il Papa, «animato dallo Spirito Santo cerca sempre il bene e la salvezza delle persone». E consapevole, allo stesso tempo, che qualsiasi modifica della prassi pastorale sul tema finirà per imporre scelte dolorose. Se il Sinodo infatti approverà quei passi in avanti sollecitati da più parti, qualcuno potrebbe lamentare un cedimento inaccettabile del principio dell'indissolubilità. D'altra parte se venisse confermata la prassi esistente, si dovrebbe riflettere sui tanti aspetti problematici, con l'intenzione di chiarire quelle che non pochi addetti ai lavori considerano «contraddizioni ormai inaccettabili». Tra le tante, quella a cui ha accennato il Papa. Ai divorziati risposati non è permesso fare i catechisti, ma si chiede loro di educare cristianamente i figli. Cioè di educare alla fede proprio le persone a cui un genitore guarda con maggior attenzione e trepidazione. E ciò che un genitore divorziato risposato può fare in modo corretto e consapevole per i propri figli, per quale motivo non dovrebbe diventare servizio ecclesiale, visto che della Chiesa - come ha ribadito Francesco - queste persone fanno parte a pieno titolo? Domande urgenti e complesse a cui il Sinodo tra poco più di due mesi sarà chiamato a dare risposte non più interlocutorie.