«Un uomo capace di grandi finezze verso i suoi collaboratori ma anche un raffinato intellettuale. Un uomo più gioioso e meno malinconico di come lo descrivevano i media del tempo e capace di sorridere e ridere anche negli incontri ufficiali».Sono le prime istantanee che affiorano, cinquant’anni dopo nella mente del cardinale maltese e agostiniano Prosper Grech, classe 1925, nel rievocare l’elezione di Paolo VI sul soglio di Pietro il 21 giugno del 1963. «Mi trovai quasi per caso dentro la macchina organizzativa di quel Conclave – racconta oggi dal suo studio all’istituto patristico Augustinianum di Roma – in quanto fui nominato segretario di monsignor Pietro Canisio Van Lierde, che era il sacrista del Palazzo Apostolico. Ricordo che a noi spettava l’organizzazione logistica di quel Conclave e di preparare, come usava allora, tutti gli altari affinché ogni cardinale elettore potesse dire privatamente la Messa».E fu in una giornata afosa di quel giugno di 50 anni fa che avvenne il primo incontro tra il giovane padre Prosper Grech e il futuro Paolo VI. «Per una strana casualità – rivela oggi divertito il porporato maltese famoso per i suoi studi sulla patrologia e appassionato di fotografia – incrociai il cardinal Giovanni Battista Montini e mi chiese se fossi il confessore del conclave. "No eminenza, non sono io" fu la mia ferma risposta; "vado a cercarglielo…"."Non fa niente…Non può confessarmi lei?". E fu così per uno strano disegno del destino raccolsi la sua ultima confessione da cardinale nella cappella Matilde quella che adesso si chiama
Redemptoris Mater. Dopo poche ore era Papa. Spero di non avergli dato una penitenza troppo grave….».Da quell’incontro il giovane padre Grech e futuro studioso di ermeneutica biblica continuò a coltivare una particolare amicizia con papa Montini.«Il tramite di questa amicizia è stato negli anni il suo segretario monsignor Pasquale Macchi. – racconta – Rammento che la cosa che più mi piaceva era partecipare alle sue Messe in Vaticano e ascoltare le sue omelie da cui mi abbeveravo per la forza della sua profondità».Dal suo personale album dei ricordi il cardinale Grech (che, per ironia della sorte, ha guidato le meditazioni del Conclave del marzo del 2013 che hanno portato all’elezione di papa Francesco) estrae alcune istantanee inedite sul Montini privato: «Mi ha sempre colpito come un uomo così austero e timido si sciogliesse negli incontri con i bambini come stesse al gioco delle loro provocazioni. Era uno spasso vederlo interagire con i bambini o il bellissimo rapporto, tra il serio e il faceto, che ho visto intrattenere con il suo confessore, l’oratoriano e poi cardinale Giulio Bevilacqua, il modo con cui questo anziano sacerdote con il suo stile di cappellano militare riusciva a far ridere o "rimbrottare" Montini con le sue battute…Paolo VI era un uomo ironico più di quanto si pensi».Padre Grech in quegli anni fino al 1965 si trovò a vivere da vicino un evento che segnò la sua vita, il Concilio Vaticano II: «Raccontai dai microfoni della Radio Vaticana il Concilio ai miei connazionali i maltesi. Fu per me un’esperienza indimenticabile». Come indimenticabili sono stati i gesti di affetto del Papa di Concesio verso i sacristi del Vaticano: «Ogni tanto ci faceva dono di confezioni pregiate di vino: abbiamo bevuto quelle bottiglie, quasi venerandole…».La mente del cardinale corre ai tanti aspetti poco battuti della vita di Montini: al suo rapporto con gli scrittori, gli artisti «in particolare per quello scultore che diventerà anche mio amico, Lello Scorzelli, a cui suggerii il disegno finale della famosa ferula conciliare di Papa Montini…». Ma di Paolo VI il cardinale Grech vuole ricordare alcuni aspetti poco conosciuti: «La sua passione per i padri della Chiesa, soprattutto per Sant’Agostino. Non è forse un caso che fu proprio Papa Montini a voler inaugurare il 4 maggio del 1970, il nostro istituto, l’Augustinianum. Lo ricorderò sempre come il Papa delle grandi encicliche dalla
Populorum Progressio all’
Humanae Vitae (al sacrificio anche di incomprensione da parte di molti cattolici che gli costò questo documento). Ma per me è stato anche il Pontefice della gioia come ci ricorda ancora la sua bellissima esortazione apostolica del 1975 la
Gaudete in Domino. Un testo che invita tutti a sperimentare la gioia cristiana. Sarebbe giusto ricordarlo anche come un Papa gioioso e non triste».