domenica 5 ottobre 2014
​Temi e significati di assise che saranno comunque un successo.
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Non sappiamo a quali risultati approderanno i padri sinodali. Non sappiamo in che modo gli auspici circolati in questi mesi su accoglienza e apertura delle situazioni familiari di crisi troveranno rispondenza. E non sappiamo neppure se il dibattito tra i 253 partecipanti alla grande assise sulle 'Sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione' si indirizzerà sui temi mediaticamente più dibattuti, o punterà su strade sorprendenti e magari neppure comprese nella pur ampia gamma di problemi elencati nell’Instrumentum laboris. L’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, ha già posto il problema. «Ci sono temi urgentissimi, come l’eclissi delle adozioni, che non sono presenti nell’elenco dei punti in agenda. Ma potremo non parlarne? Considerando che pratiche come la fecondazione eterologa hanno ridotto le richieste di adozione del 30 per cento?». Nessuno insomma può dire come andrà e, fermi restando i principi dottrinali, quali novità ci saranno nella prassi pastorale e nella loro applicazione, al termine del Sinodo ordinario del 2015. Ma un punto sembra fin d’ora al di sopra di ogni dibattito. La doppia grande assise familiare che stamattina prenderà il via con la concelebrazione solenne nella basilica vaticana, è già in ogni caso un successo. Perché la volontà di radunare cardinali, arcivescovi, superiori generali, capi dicastero, esperti e coppie sposate da ogni parte del mondo per riflettere sulla situazione della famiglia e per tentare di individuare insieme possibili soluzioni, rappresenta insieme una novità assoluta nella storia della Chiesa e, allo stesso tempo, indica una strada originale. La novità è costituita innanzi tutto dalla modalità democratica con cui sono state raccolte le informazioni che da domani serviranno ai padri sinodali per confrontarsi e riflettere. La strada del sondaggio mondiale con risposte di fatto libere da parte di ciascuno– perché di questo si è trattato – è una prassi che scombina schemi consolidati da secoli. L’originalità è rappresentata dall’ipotesi, già esplicitata dalle domande poste e diffuse nei cinque continenti, di poter rivedere alcune prassi pastorali. Autorizzando quelle domande e poi la sintesi delle risposte nell’Instrumentum laboris, il Papa ha di fatto aperto il dibattito– e in queste ultime settimane l’ha esplicitamente sollecitato – su temi come le convivenze prematrimoniali, la comunione ai divorziati rispostati, le unioni tra persone dello stesso sesso, l’accoglienza dei bambini che vivono all’interno di coppie omosessuali. Tutte questioni presenti nel documento preparatorio e sulle quali, come già si è visto in questi mesi, il confronto si annuncia vivace. Vero è che, come già è stato fatto notare, questi aspetti sono soltanto le conseguenze e non le cause scatenanti della crisi familiare in atto, che è innanzi tutto culturale, educativa e valoriale. E che quindi non potrà essere risolta con espedienti canonistici. Ed è facile prevedere che la maggior parte degli interventi cercherà di ragionare sulla necessità di trovare modi più efficaci e più pervasivi per ridire la bellezza e l’opportunità del matrimonio e della famiglia. Ma il fatto di poterne discutere a viso aperto, di poter mostrare al mondo che nella Chiesa di Francesco nessun argomento è tabù, rappresenta un punto decisivo di non ritorno. Ed è un bene per tutti, dentro e fuori la comunità ecclesiale.
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