Malgrado le sicurezze economiche e lavorative, da sole, non siano una garanzia sufficiente per favorire un incremento delle nascite, come suggerito anche dal presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Matteo Zuppi, da qualche parte bisogna pur iniziare. E la riflessione proposta ieri da Farmindustria in occasione della sesta edizione dell’annuale convegno dedicato alle donne ha offerto spunti interessanti sul tema. Del resto si tratta di una questione prioritaria, non solo per l’Italia, ma per l’intero Occidente, come ha fatto notare il direttore generale dell’associazione delle imprese del farmaco, Enrica Giorgetti, convinta che il problema della denatalità vada affrontato a tutto tondo, creando le condizioni per un clima generalizzato in grado di promuovere «una nuova primavera demografica», parafrasando il titolo dell’evento.
Il quadro italiano da questo punto di vista è disperante, figlio però di un immobilismo che parte da lontano. Già nel 1995 la media nazionale era di 1,95 figli per donna e nessun altro Paese paragonabile al nostro, come ha chiarito il direttore generale dell’Istat, Sabrina Prati, poteva vantare un record negativo simile. Era quello il momento di agire sulle cause profonde della rinuncia alla maternità, solo nel 2% dei casi dovuta a una scelta consapevole. I motivi della situazione attuale sono da ricercare nel sempre più prolungato processo di transizione all’età adulta, nella difficoltà dei giovani a entrare nel mercato del lavoro e nell’assenza di politiche realmente incisive per la conciliazione famiglia-lavoro. Insomma, come ha concluso ancora Prati, «se vogliamo più nati dobbiamo occuparci di chi è già nato».
Da qui le proposte della ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, che ieri ha illustrato il nuovo Codice di autodisciplina delle imprese a favore della promozione della natalità. Un documento che si concentra soprattutto su tre aree di intervento: la continuità di carriera delle madri che lavorano, la cura dei bisogni di salute delle donne e i tempi di lavoro più vicini alle esigenze delle famiglie. «Per invertire la tendenza e aprire a una primavera demografica c’è bisogno della collaborazione di tutti i soggetti: governo e società civile», ha spiegato la ministra, annunciando poi che «nel provvedimento sul riordino degli incentivi alle imprese, è stata inserita la valorizzazione del lavoro femminile» e quella «degli aiuti alla natalità».
Il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani, ha sottolineato l’attenzione delle imprese del farmaco alla popolazione femminile, «un cardine importante del nostro settore. Non solo oltre il 43 per cento della nostra popolazione aziendale è donna, con alti picchi nei ruoli dirigenziali – ha proseguito –, ma ci sono sempre più imprese che si stanno certificando per la parità di genere, si registra un numero di donne con figli superiore del 45% rispetto alla media nazionale. Per questo vogliamo sostenere la genitorialità e la parità di genere».
«Dell’inverno demografico si parla da anche troppo tempo: ora semmai il tempo è quello delle scelte – ha commentato ancora il cardinale Zuppi –. In Spagna il 60% dei posti di lavoro creati sono a tempo indefinito, da noi invece il lavoro è precario. Certo che poi uno resta a casa fino ai 30 anni. Continuare a parlare di denatalità rischia di far venire a noia il tema. Sono 40 anni che ne parliamo. Il problema ora sono le scelte, darsi un obiettivo». L’arcivescovo di Bologna ha poi raccomandato il ricorso a misure incisive di welfare: «Scelte politiche come i congedi parentali sono un grande incentivo alla natalità», ha concluso.