Un frammento di un ordigno prodotto in Italia dalla società RWM Italia - Ansa
Giustizia per gli yemeniti uccisi da una bomba della Rwm Italia. È la richiesta di tre Ong che hanno depositato martedì 26 gennaio in Procura a Roma un’opposizione alla richiesta di archiviare il procedimento, formulata dal pm.
Le indagini devono continuare, sostengono le organizzazioni della società civile, per accertare le ipotesi di reato di omicidio colposo e abuso d’ufficio. Il primo per i dirigenti dell’azienda di armi, il secondo per i funzionari dell’Uama. Cioè l’autorità presso il ministero degli Esteri che ha autorizzato l’esportazione di bombe per 430 milioni verso l’Arabia saudita, paese che assieme agli Emirati arabi uniti guida la coalizione in guerra con lo Yemen.
I fatti risalgono all’8 ottobre 2016. Alle 3 di notte, nel villaggio yemenita di Deir Al-Hajari, lontano da obiettivi strategici, un’esplosione disintegra una modesta casa, massacrando un uomo, la moglie incinta al quinto mese e i loro quattro bambini. Viene ritrovato un anello di sospensione della bomba aerea assassina, con il codice che la identifica come prodotto dallo stabilimento sardo di Domusnovas.
Nell’aprile 2018 l’Ecchr (European center for costitutional and human righits) di Berlino, la Ong yemenita Mwatana for human rights e la Rete italiana Pace e Disarmo presentano una denuncia penale circostanziata per la strage di Deir al-Hajari contro i dirigenti di Rwm e di Uama. Nel 2019 la richiesta di archiviazione. Ieri l’appello dei denuncianti.
Nelle prossime settimane l’ufficio del Gip dovrà decidere se l’indagine debba continuare. Per i legali dello studio Gamberini di Bologna, incaricati dalle Ong, sono state violate la legge italiana 185/90, la Posizione Comune 2008/944 dell’Ue, il Trattato Onu sul commercio delle armi (Att). «Finalmente abbiamo fatto risuonare in un’aula di tribunale - dice l’avvocato Francesca Cancellaro - i nomi di alcune delle tante vittime yemenite. Non sono numeri ma persone. Qualcosa si muove, speriamo di arrivare all’accertamento della verità. L’udienza è durata quasi un’ora, poteva essere solo un rapido atto formale, invece la gip Roberta Conforti ci ha dato il tempo di argomentare, ascoltandoci e rendendosi conto dell’importanza della questione». Secondo l’avvocato Alessandro Gamberini «questo procedimento potrebbe indirizzare l’Uama a svolgere il suo ruolo con maggiore attenzione».