venerdì 7 giugno 2024
Il big di Fratelli d'Italia e vicino alla premier Meloni traccia le aspettative per le Europee: «Capiremo se gli italiani hanno ancora fiducia in noi. Non siamo antieuropeisti»
«Il voto Ue è anche un test sull’operato del governo. Non siamo logori»

ANSA

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A quasi venti mesi dall’insediamento del governo Meloni, gli esiti del voto europeo, cruciali per il rinnovo delle istituzioni di Bruxelles, verranno inevitabilmente letti anche in chiave interna. E potrebbero avere la valenza di un sorta di test di middle term per il governo Meloni e per Fratelli d’Italia. «Il momento del voto rappresenta al meglio il senso della democrazia. E sarà importante capire se gli italiani continuano ad avere fiducia nel nostro operato. Siamo convinti di sì», ragiona Giovanni Donzelli, responsabile organizzativo del partito, vicepresidente del Copasir e fra gli esponenti di Fdi più vicini a Giorgia Meloni.

Forza Italia ha fissato al 10% l’asticella da raggiungere. E voi?

Ovviamente, chiediamo a tutti gli italiani di darci fiducia. Ma comunque, dopo quasi due anni di governo, mantenere la soglia di consenso ottenuta nel 2022 (il 26%, ndr) sarebbe un valido risultato.

Lo dice perché governare, in fondo, logora chi lo fa?

Ma no, non credo che governare ci abbia logorati. Anzi, sono certo che anche molti italiani che nel 2022 non hanno votato Fdi, perché spinti dalle paure evocate da Pd e M5s , ora possano ricredersi. A conti fatti, non c’è stato alcun isolamento internazionale, nessuna occasione persa nell’attuazione del Pnrr, nessun crollo dell’occupazione o del Pil o delle Borse. Di quegli incubi delle sinistre, non se n’è avverato nessuno.

Cinque anni fa la vostra pattuglia all’Europarlamento risultò sparuta. Se ora il voto dovesse premiarvi in modo ampio, come userete la maggior presenza a Strasburgo?

Per cambiare l’Europa e far pesare di più l’Italia nei tavoli internazionali. Più preferenze avrà Fdi e più italiani scriveranno Giorgia, più forza avrà il presidente del Consiglio nel sedersi al tavolo con gli altri leader e portare a casa più risultati per la nostra nazione, per la nostra economia, per i giovani e le famiglie.

I voti di Fdi - e dei Conservatori europei - potrebbero pesare nella determinazione del nuovo presidente della Commissione. Irrobustirete la maggioranza Ursula della spitzenkandidat del Ppe? O avete un’altra idea?

Il nostro obiettivo è formare una maggioranza in Europa che non abbia dentro la famiglia politica dei Socialisti, Pd compreso. Col Ppe non avremmo problemi a “governare”, ma certo non con le sinistre.

El’ipotesi Draghi? Un italiano così autorevole alla presidenza della Commissione Ue sarebbe una buona sponda per il governo o no?

Quando all’estero c’è un italiano che riscuote stima e rispetto, siamo sempre felici. Ma sono discorsi prematuri. Decidere a tavolino chi governerà, senza aspettare le urne, è una mancanza di rispetto democratico verso il popolo.

Forza Italia, con Tajani, si professa super europeista. E Fdi? Com’è la vostra gradazione di europeismo? Accesa, tiepida, freddina?

Noi vogliamo cambiarla, quest’Europa. Qualche anno fa, quando lo dicevamo, venivamo tacciati di essere antieuropeisti. Ora, tutti dicono che è necessario. Se ci avessero ascoltato, saremmo un passo avanti.

Cambiarla in cosa?

Per decenni, abbiamo visto un’Unione troppo presente, quasi invasiva, su piccole questioni e poi clamorosamente assente sulle grandi urgenze: dalla gestione dei flussi migratori, alle vicende internazionali, come le due guerre in Ucraina e Medio Oriente. Temi su cui l’Europa è mancata, mentre era intenta a misurare il diametro degli agrumi, ad esempio, facendoci sprecare l’anno scorso tonnellate di arance buonissime.

La Lega, vostra alleata, ha fatto campagna elettorale con lo slogan “Meno Europa”. E ha criticato il presidente Mattarella rispetto al tema della sovranità europea. Voi di Fdi come la pensate? Sovranità italiana, europea o entrambe?

Noi e la Lega siamo partiti alleati, ma non sovrapponibili. Ciascuno fa la campagna elettorale che reputa più opportuna. Noi siamo stati all’opposizione di questa Europa e la vogliamo cambiare, come conservatori e riformisti.

In questi anni, si è visto un traino italiano sull’Ue (intesa con la Tunisia, Piano Mattei per la cooperazione con l’Africa, ad esempio), ma anche qualche frizione, come la mancata applicazione della direttiva Bolkenstein sui balneari. Perché questo rapporto ancora contraddittorio verso le istituzioni europee?

Ci vuole un sano pragmatismo. Il nostro faro è l’interesse nazionale. Non capisco perché vada bene quando Francia e Germania fanno gli interessi delle proprie nazioni e invece se lo fa l’Italia no. Giorgia Meloni lavora per spostare l’Europa verso posizioni che sono nell’interesse della nazione, e dell’Europa stessa. Ma, se qualcosa non va bene, è pronta a battere i pugni sul tavolo.

E nella querelle sui Balneari, opporsi alla Bolkenstein e alle sentenze del Consiglio di Stato, come fa Fdi, è la via più saggia?

Non è una battaglia di Fdi. Nel centrodestra, siamo tutti convinti che vada difesa la peculiarità italiana degli stabilimenti, nel corso di una trattativa con Bruxelles.

La premier ha messo nome e faccia sui manifesti. Se il test europeo dovesse andar bene per voi e meno bene per altre forze del centrodestra, potrebbero nascere frizioni nel prosieguo della legislatura?

Assolutamente no. L’Italia sta andando bene: cresce il Pil, cresce l’occupazione, la Borsa di Milano ha chiuso come miglior Borsa europea. Risultati che arrivano grazie alle capacità di Giorgia Meloni e grazie alla stabilità del governo, che - le assicuro - durerà l’intera legislatura. In passato, troppe volte l’Italia ha pagato sul piano economico e sociale l’instabilità degli esecutivi. E le riforme che stiamo proponendo mirano invece a rafforzare la stabilità, la governabilità, una giustizia più equa ed efficiente.

Proprio alle riforme costituzionali su premierato, autonomie e separazione delle carriere dei magistrati, le opposizioni e le toghe non risparmiano critiche. Pensate di riuscire a realizzarle entro la legislatura?

Sono riforme che avevamo promesso agli italiani nel 2022. I cittadini ci hanno dato fiducia e noi intendiamo realizzarle entro la legislatura. Certo, restiamo aperti al confronto con le opposizioni, ma per ora fanno solo un muro contro muro e ostruzione. Se si dovrà arrivare ai referendum, saranno gli stessi italiani che ci hanno dato fiducia sul programma a valutare la bontà delle nostre riforme.

Non le sembra poco rasserenante il clima di scontro innescatosi fra governo e magistratura associata?

Io, Giorgia e altri dentro Fdi abbiamo iniziato a fare politica come forma di impegno dopo le stragi mafiose che uccisero Falcone e Borsellino. Crediamo nel ruolo fondamentale della magistratura in Italia e che la riforma la aiuterà a lavorare meglio, in autonomia e indipendenza, senza essere ostaggio delle correnti. E riceviamo messaggi di centinaia di magistrati che ci invitano ad andare avanti.

La gestione dei flussi migratori resta un tema cardine della vostra agenda. Dopo l’intesa con l’Albania, ora volete riformare la Bossi-Fini. In che modo?

Intanto, in Albania stiamo realizzando un modello di collaborazione che interessa ad altri Stati europei, perfino con risparmi per l’erario italiano, altro che lo «spot elettorale» di cui vaneggiano le opposizioni. Gli sbarchi si sono ridotti del 60% e la premier ha denunciato alla Procura nazionale antimafia, con coraggio, l’infiltrazione nei flussi di lavoratori stranieri della camorra campana, di cui la sinistra, quando era al governo, non si era accorta. Per la Bossi-Fini, una delle chiavi per rinnovarla può essere la formazione da fare in Paesi africani, ad esempio, chiedendo poi al lavoratore straniero, che ha imparato un mestiere, se vuole metterlo a profitto nel suo Paese o se vuole venire per un periodo da noi, nei flussi regolari, con un contratto di lavoro offerto da un’impresa italiana. Un esempio di cooperazione non predatoria, che salvaguarda anche il diritto a “non emigrare”.

Concludiamo con uno sguardo indietro. A inizio legislatura, a Fdi venivano rimproverati il legame non interrotto con certi retaggi di destra post fascista e la classe dirigente giovane ma senza esperienza di governo. Quanto vi hanno cambiato e maturato 19 mesi a Palazzo Chigi?

Quelle sui retaggi fascisti sono accuse logore sollevate da una sinistra a corto di argomenti. Noi al Parlamento europeo non abbiamo avuto remore nel votare mozioni di condanna di tutti i totalitarismi (fascismo, nazismo ma anche comunismo), mentre il Pd sì. Quanto alle capacità di governo, stiamo dimostrando che la premier è sostenuta da una solida classe dirigente, che non litiga al suo interno e pensa solo a lavorare nell’interesse del Paese. E i risultati - dai dati economici agli interventi su urgenze, come le liste d’attesa in Sanità - ci stanno dando ragione.

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