giovedì 14 marzo 2024
«Le parole del Papa sulle guerre? È voce morale, ha il diritto di intervenire. Il punto è che l’Ue è la grande assente e Ursula è inadeguata»
Matteo Renzi

Matteo Renzi - Ansa

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C’era una grande felicità. L’assoluzione di mio padre e dei miei amici - risponde il leader di Italia viva - non cancella però la ferita profonda per l’aggressione che abbiamo subito: una montatura ordita da pezzi dello Stato con la complicità dei media. E non esagero: il carabiniere Scafarto, oggi condannato, diceva alla pm «dobbiamo arrivare a Renzi, dobbiamo arrestare Renzi». Sono stati scritti fiumi di inchiostro: il solo Fatto Quotidiano ha pubblicato 1.300 articoli sul tema. E ora il fatto non sussiste. Peccato che questa vicenda abbia contribuito a farci perdere consenso, abbia soprattutto rovinato le vite di tante persone e che oggi nessuno denunci questo scandalo.

Prima le inchieste, spesso finite nel nulla. Ora i presunti dossieraggi. Che cosa è in discussione nei rapporti politica-giustizia-informazione e cosa si rischia?

C’è un dato di fatto: un intreccio pericolosissimo fra procure, istituzioni e media. È un pericolo per la nostra democrazia, che si dimostra profondamente malata. Io ho un grande rispetto per le istituzioni. E a chi come me nutre questo sentimento fa ancora più male vedere cosa è accaduto e sta accadendo in questi anni.

Come prevede che finirà ora l’inchiesta sugli accessi abusivi?

Mi auguro che non finisca come è finito l’altro grande scandalo degli ultimi anni, vale a dire il caso Palamara: con un capro espiatorio e con un gattopardesco “tutto cambi, perché nulla cambi”.

Il governo ha detto che vuol far lavorare l’Antimafia prima di pensare a una commissione parlamentare d’inchiesta. Non è corretto?

Mi sembra un ragionamento che non sta in piedi: cosa c’entra la mafia con gli accessi abusivi? Serve una commissione parlamentare su “dossieropoli”: non la chiedo solo io, l’hanno chiesta anche i ministri Crosetto e Nordio. Eppure Giorgia Meloni ha detto no. Come mai? Chi ha paura della verità?

Veniamo al grande tema delle guerre. Papa Francesco ha chiesto il «coraggio di negoziare» e ha parlato di irresponsabili, al riguardo di Gaza e Israele. Perché le sue parole hanno fatto così discutere e cosa ne pensa?

La voce morale del Santo Padre risuona su tutti i temi su cui la Chiesa ha il diritto di intervenire. I laici che vogliono giudicare le parole del Papa ascoltandole quando fanno comodo e criticandole al contrario quando non piacciono, devono fare pace con se stessi. Il punto è che qui c’è un grande assente: si chiama Unione Europea. Io dico che sia giusto dare le armi all’Ucraina per difendersi. Giusto sostenere Israele contro Hamas. Ma poi serve la politica. Per primo chiesi che fosse nominato un inviato speciale europeo per l’Ucraina, feci il nome di Angela Merkel. In Israele parlai anni fa alla Knesset della necessità di arrivare a due popoli, due Stati.

Intanto si parla di forze Nato già attive in Ucraina. Quanto teme una escalation?

Ho fiducia nel fatto che i leader comprendano la necessità di non innescare una escalation: quello che serve è una pace giusta, giusta per Kiev, giusta per il mondo.

Capitolo Europee: ha criticato il possibile bis di Ursula von der Leyen, che vive una fase politicamente non facile. Eppure fu proposta nel 2019 da Macron, suo alleato in Europa. Non è un controsenso che lei ora la attacchi?

Von der Leyen si è dimostrata totalmente inadeguata. Una follower delle ideologie, non una leader. Dalla politica estera di cui abbiamo ampiamente parlato, al fatto che strizzi l’occhio a Orbán e ai conservatori, al tema dell’ambiente: ha abbracciato in modo ideologico il green deal, e con quale risultato? L’Europa ha aumentato l’uso del carbone e ha regalato pezzi di mercato alla Cina, colpendo le nostre industrie. Alla guida della Commissione serve un politico con visione, che porti l’Europa a essere protagonista e a non subire i processi ma a guidarli.

Che in Italia il vento stesse cambiando con le Regionali sarde è stata solo un’illusione: la presa del centrodestra nel Paese sembra ancora salda. Concorda?

Le elezioni regionali in Sardegna e Abruzzo sono state un fenomeno locale: guai a dare una lettura nazionale. Altrimenti si rischia di doversi smentire, come è successo, il giorno successivo. Io credo che le difficoltà di Giorgia Meloni ci siano e si vedano in altro: da quando si è insediata, cosa ha fatto per il Paese? C’è una riforma degna di questo nome? Aiuti alle famiglie, ai lavoratori?

Ha detto che Salvini ci ha abituato a grandi emozioni. Se dovesse rompere con Meloni, è una follia pensare a un appoggio di Iv e altri a un governobis con Fdi?

Italia viva non sosterrà mai un governo Meloni. Rispettiamo la premier, ma i suoi non sono i nostri valori.

Tutti pensavano a un crollo di Forza Italia, che invece regge molto bene. Gli italiani guardano a Tajani come il leader centrista?

Forza Italia ha retto in Abruzzo grazie a liste ben costruite: dopo di che non vedo come un centrista possa votare un partito che ha rinunciato alla sua identità, garantista, popolare, per abbracciare il sovranismo di Giorgia Meloni.

Anche secondo lei Conte vuole un “campo largo” soltanto se lo guida lui? E il flop in Abruzzo per M5s è solo un episodio o l’inizio di una tendenza?

Il Pd, anziché farsi inseguire, ha scelto di inseguire Conte e le sue brame di leadership; dopo di che, i dati parlano chiaro. In Abruzzo come in Sardegna il M5s ha fatto flop. Scelte loro. Noi abbiamo scelto di stare al centro, lontani da populismi e sovranismi e da ogni campo largo.

Avvenire ha avviato una campagna sull’esigenza di una legge sullo Ius culturae. Vede margini nella legislatura per sbloccare questo principio?

Io sono favorevole a questa riforma e lo sono da sempre. Ma sono altrettanto certo che questo governo purtroppo non la approverà.

Dedicherà i prossimi mesi alla campagna per le Europee, per centrare il 4%. E se non ci riuscirà?

Il nostro obiettivo non è il 4, ma il 5%: chiediamo agli italiani di darci fiducia perché siamo pronti ad andare in Europa per cambiarla. E lo faremo.

Dica la verità: non hanno stancato un po’ anche lei i continui botta e risposta con Calenda?

Carlo l’ho fatto ministro, ambasciatore, l’ho sostenuto nella corsa a sindaco di Roma e grazie a noi ha avuto le firme per poter partecipare alle elezioni. Litiga con tutti, anche con se stesso . Non ho mai risposto ai suoi attacchi e continuerò a non farlo, credo che i fatti parlino da soli.

Siamo passati dall’Italia del Superbonus 110% alle cartelle fiscali archiviate in 5 anni e i debiti pagati in 10 anni. È questa la politica che vogliono gli italiani?

C’è sicuramente qualcosa che non funziona nel rapporto fra Stato e cittadini relativamente al fisco: troppe le vessazioni, troppe le ingiustizie. Al contempo la lotta all’evasione deve essere una cosa seria. Il nostro governo, grazie alla fatturazione elettronica e alla precompilata, l’ ha fatta ridurre sensibilmente. Serve equilibrio.

Ha fatto il sindaco, il leader di partito, il premier, il direttore di giornale, tiene conferenze, scrive libri. Cosa vuole fare ancora “da grande”?

Un sacco di cose, tra cui il nonno. Ma ho ancora tempo.

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