mercoledì 24 settembre 2014
​Depositate le motivazioni della sentenza della Cassazione. "Nessuna prova che l'uomo si trovasse sul luogo del delitto". In primo grado era stato condannato a 24 anni.
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Delitto di via Poma, confermata l'assoluzione di Raniero Busto. Ci sarebbe infatti una "mancanza di prova" che "fa cadere la certezza della presenza dell'imputato sul luogo del delitto al momento del delitto". Così la prima sezione penale della Cassazione ha spiegato perché, il 26 febbraio scorso, ha confermato la assoluzione "per non aver commesso il fatto" Busco, che era finito sotto processo con l'accusa di aver ucciso la fidanzata Simonetta Cesaroni, ritrovata morta il 7 agosto 1990 in un condominio di via Poma a Roma.

Il verdetto di primo grado, emesso il 27 aprile 2012 dalla Corte di Assise di appello di Roma che aveva condannato a 24 anni di reclusione Busco per la Cassazione ricostruiva il delitto in maniera "suggestiva, ma ampiamente congetturale in ordine a vari aspetti".Ci sono ancora "punti oscuri" nella vicenda dell'omicidio di Simonetta Cesaroni. Lo sottolinea la prima sezione penale della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza, depositata oggi, con cui ha confermato l'assoluzione di Raniero Busco, ex fidanzato della vittima, "per non aver commesso il fatto". Secondo i giudici della Suprema Corte vi sono "punti oscuri della vicenda" che sono "rimasti non spiegati e niente affatto secondari: si pensi, tra di essi, al rinvenimento dell'agenda di Pietro Vanacore" all'epoca dei fatti portiere del condominio in cui avvenne il delitto, "fra gli effetti personali della vittima refertati sul luogo del delitto".

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