«Siamo molto prudenti». Così ha commentato il ministro per le politiche agricole Maurizio Martino un’idea a dir poco controverso che ieri è stata discussa con i colleghi Ue e la Commissione Europea nel corso del Consiglio Agricoltura a Bruxelles. E cioè quella di eliminare, almeno per alcuni cibi di vasto consumo, la dicitura «da consumarsi preferibilmente entro». L’idea è stata lanciata la scorsa settimana in una lettera alla Commissione da Olanda e Svezia, raccogliendo però subito il sostegno di Germania, Austria, Lussemburgo e Danimarca, in vista di una comunicazione che la Commissione stessa dovrebbe presentare entro giugno sull’alimentazione sostenibile. Un’idea che ha mandato su tutte le furie la Coldiretti. «Si tratta – si legge in una nota – del solito tentativo dei Paesi del Nord Europa di livellare il cibo sulle tavole europee ad uno standard di qualità inferiore al nostro con la scusa di tagliare gli sprechi alimentari».In effetti nella missiva Olanda e Svezia sottolineano che ogni anno vengono gettate via 89 milioni di tonnellate di alimenti in realtà ancora adatti al consumo. «I prodotti – si legge nella missiva – rimangono consumabili dopo la data, eppure vengono gettati via». Solo in Olanda, indica il documento, il 15% degli sprechi alimentari è dovuto proprio a questo fattore. «La gente – ha spiegato il ministro dell’Agricoltura olandese, Sharon Dijksma – getta via alimenti in ottimo stato perché non sa esattamente che cosa significhi la data entro cui preferibilmente consumare il prodotto». La proposta è quella di allargare esenzioni già esistenti (che al momento riguardano prodotti come il vino, la frutta, la verdura, i chewing gum) a prodotti come pasta, riso, caffè, sale, vari tipi di formaggi duri. Prodotti, è il ragionamento, che spesso vengono tenuti anche per lungo tempo nelle credenze.In effetti si sta parlando di un’etichetta che è ben diversa da un’altra, che nessuno vuole toccare, e cioè quella della vera e propria scadenza (ad esempio quella sui vasetti di yogurt, latte, burro e simili), oltre la quale possono esserci rischi alla salute. Al contrario, l’etichetta "da consumarsi preferibilmente entro", sottolinea la stessa Coldiretti, «indica soltanto la finestra temporale entro la quale si conservano le caratteristiche organolettiche e gustative, o nutrizionali, di un alimento, senza con questo comportare rischi per la salute in caso di superamento seppur limitato della stessa». L’associazione, su dati Gfk Eurisko, ricorda peraltro che il 73% degli italiani, proprio per via della crisi, ha tagliato gli sprechi a tavole nel 2013, e oggi appena il 36% dichiara di attenersi rigorosamente alla data di scadenza dei prodotti riservandosi di valutare personalmente la qualità dei prodotti scaduti prima di buttarliL’Italia resta scettica. «Accettiamo la discussione – ha spiegato Martina – però siamo altrettanto consapevoli che questi strumenti garantiscono la qualità degli alimenti». Certo l’Italia, ha aggiunto il ministro, «è disponibilissima, anzi interessata ad approfondire tutti gli elementi di una battaglia comune per ridurre gli sprechi e le perdite alimentari», tuttavia, ha aggiunto, «non credo che il problema si possa risolvere solo sulla questione delle etichetta, serve un campo di interventi più ampio». L’idea di Olanda e Svezia però difficilmente cadrà nel vuoto, visto anche il potente sostegno della Germania. Secondo il ministro olandese Dijksma, la Commissione potrebbe avanzare proposte concrete già entro questo mese. Il percorso è comunque lungo, anche perché l’attuale esecutivo Ue è a fine mandato, da novembre ci sarà il nuovo.