Giorgia Meloni. Il 25 aprile può diventare un'occasione di chiarezza - Reuters
Caro direttore, dopodomani negli "speciali" di Radiorai Gr Parlamento ospiterò, insieme a molte altre voci che provengono da esperienze politiche e culturali differenti, anche Gianfranco Fini. Lo faccio convintamente, da italiana, figlia di un medico perbene che ha avuto in tasca solo la tessera del Msi e da nipote di un uomo onesto che ha "soggiornato" anni nelle carceri mussoliniane.
Credo, da cattolica e democratica, che sia stato un errore dimenticare la "svolta di Fiuggi"ossia la trasformazione dell'allora Msi in An, nel '95. L'anno seguente ci furono le elezioni e colui che sarebbe diventato mio marito, Piero Melograni, fu eletto come indipendente alla Camera in Forza Italia. Melograni, vent'anni prima, aveva scritto per Laterza un libro intervista a uno dei padri della sinistra italiana, Giorgio Amendola, intitolato appunto "Intervista sull'antifascismo", dove Amendola compì una analisi originale e forse anche spregiudicata dell'antifascismo, per coglierne al di là e nonostante gli enormi meriti storici, anche i limiti politici e culturali.
Amendola volle Melograni come intervistatore capace di equilibrio a causa della scelta operata dallo storico nel 1956, con l'invasione sovietica dell'Ungheria, di lasciare l'allora Pci, insieme a 101 altri suoi compagni. Dopo altri vent'anni ecco la cosiddetta "svolta"che avrebbe voluto indirizzare la maggior parte della destra italiana verso una destra conservatrice ed europeista. Fu allora l’avvio dell’intelligente evoluzione di una parte politica che voleva superare il corporativismo, l'antiamericanismo, valorizzare la modernità e rifiutare qualsiasi antisemitismo. In questa seria operazione Fini fu accompagnato da personalità culturali di livello.
Anche nelle realtà del cattolicesimo italiano si guardò con interesse e speranza a questa evoluzione e ancor più in quello ebraico italiano e internazionale. Questo 25 aprile può rappresentare un nuovo discrimine positivo: Giorgia Meloni ha l’occasione per affermare con forza che «la destra politica non è figlia del fascismo. I valori della destra preesistono al fascismo, lo hanno attraversato e a esso sono sopravvissuti, e che l'antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici».
Tutte parole tratte dalle Tesi di Fiuggi. Un salto indietro: quasi cinquant'anni fa, alla vigilia di un 1977 di sangue, dove le Brigate Rosse, nel nome dell'antifascismo uccisero più di ottanta persone e contribuirono insieme all'eversione di destra a precipitare l'Italia negli "anni di piombo"(4.500 attentati dalle due parti) si svolse dunque quel dialogo tra Amendola e Melograni e di esso cito solo un passaggio sull'eredità del fascismo: «La società italiana d'oggi non penso che non erediti nulla. Penso però che gli italiani sono cambiati.Non sono cambiati tutti e non tutti nel modo migliore. Ma cambiati. Certo la vecchia eredità persiste e ne vedo una manifestazione nella gara degli egoismi corporativi. Ma credo che la responsabilità di questa gara di egoismi corporativi stia nella mancanza di una educazione morale. Di un esempio».
Mezzo secolo è passato e troviamo al governo coloro che vogliono definirsi protagonisti di una destra moderna e garantista. Oggi, a distanza di mezzo secolo dalle analisi di un grande uomo di sinistra e a ventotto anni dalle scelte riformiste di una destra decisa a cambiare, dobbiamo fare i conti con rigurgiti di ingestibili nazionalismi, con un’Europa in guerra cuore di straziato di un’incombente “guerra dei mondi” e ci prepariamo ad affrontare un anniversario fondante della nostra Repubblica rischiando di avere un Italia spaccata a metà, come nell'immediato Dopoguerra. Non possiamo e non dobbiamo permetterlo.Ma tocca al governo in carica scegliere come condurre la vicenda e dare così prova della sua maturità.
Paola Severini Melograni è direttrice dell'agenzia angelipress.com