«Scelgo chi lotta per l’economia veneta e ha ottenuto 600 milioni di euro dalla Ue». Lo slogan campeggia sul sito del governatore Luca Zaia. Peccato che il suo partito dica che dall’Europa si deve uscire, perché - a sentire Matteo Salvini - procurerebbe solo guai ai cittadini italiani. Contraddizioni del Veneto. Pari pari le trovi sul fronte opposto, nel quale Alessandra Moretti - ex vice sindaco di Vicenza e capolista del Pd alle Europee nel Nordest - tenta il ribaltone per portare le insegne renziane a Palazzo Balbi sul Canal Grande. Zaia dice no a nuovi immigrati, ma non è che i sindaci di centrosinistra diano prova di chissà quale solidarietà, nel farsi carico pro-quota del piano del Viminale. Lavoro e aiuti alle imprese, immigrazione e sicurezza, sono fra i temi più sentiti di una campagna elettorale che, alla prova dei fatti, va oltre i cliché di partito.
ZAIA-MORETTI E IL FATTORE ASTENSIONI Sono sei i candidati alle elezioni del 31 maggio. Un giorno solo, al centro di un ponte invitante. Il nemico di Zaia si chiama Croazia, meta a portata di mano per le prime escursioni stagionali della
middle class veneta bacino d’utenza del centrodestra. Il suo maggiore alleato è invece l’Aeronautica militare, alle volte dovesse divulgare per quei giorni previsioni infauste in grado di disincentivare gite astensionistiche. La soglia-rischio nella partecipazione al voto viene individuata al 40 per cento, quella dell’Emilia Romagna (38 per cento) viene vista come un incubo da Zaia. Una Forza Italia in piena crisi, fiaccata dalle inchieste che hanno spazzato via Giancarlo Galan, non è lontanamente in grado di garantire quel 30 per cento che portò 5 anni fa e fra i suoi elettori storici si annida, secondo gli esperti, la percentuale maggiore di potenziali astensioni. Per Zaia in campo anche Fratelli d’Italia e Indipendenza Noi Veneto con Zaia. Mentre per Moretti, oltre al Pd, correranno Sel e Lista Moretti. Ed è soprattutto su di loro due che concentra la sfida, dopo un inizio campagna elettorale incentrato sulla contesa fratricida fra Zaia e il sindaco di Verona Flavio Tosi, uscito dalla Lega. A dare manforte a Moretti giovedì è arrivato aVicenza Matteo Renzi: «Non vogliamo perdere nemmeno una Regione», ha lanciato il guanto di sfida. Zaia prova a fare il salviniano moderato. Sui rom, ad esempio, non evoca le ruspe, ma chiede «rispetto delle regole» e promette «tolleranza zero». Tosi, dal canto suo, lancia il progetto - con chiara proiezione sul piano nazionale - per un centrodestra moderato: un federalismo temperato alleato dei centristi Ucd e Ncd, aperto al movimento delle liste civiche, molto radicato in Veneto. In poche settimane ha messo in campo sei liste Oltre a quella che reca il suo nome e a quella di Area Popolare, con Tosi anche Famiglia pensionati, Veneto del fare, Unione a Nordest e Razza Piave. Movimento, quest’ultimo, con forte peso nel trevigiano, roccaforte di Zaia. Per Tosi correrà, come capolista a Treviso di Ap, Dino Boffo, già direttore di
Avvenire e
Tv2000, e prima ancora del settimanale
La Vita del Popolo di Treviso. Nel ruolo di outsider Jacopo Berti, di M5S, 31enne brillante industriale padovano che opera nel settore del
business intelligence. Completano il quadro Alessio Morosin (Indipendenza Veneta) e Laura Di Lucia Coletti (L’Altro Veneto).
LA RIPRESA ARRIVATA IN ANTICIPO Parlare al Veneto significa parlare innanzitutto a quel ceto di imprenditori piccoli e medi che il lavoro sono abituati a crearselo da soli e a difenderlo con i denti anche in tempi di crisi. Proprio nel corso della campagna elettorale gli indicatori sembrano cambiare di segno, arrivano i primi segnali incoraggianti, dopo un quinquennio nero punteggiato da ben 150 imprenditori che si sono tolti la vita. I nuovi dati dicono che il Veneto è uscito prima e meglio dal tunnel, aumentando l’export, nei 5 anni di crisi, dal 30 al 41 per cento, a compensare la contrazione della domanda interna. Ma soprattutto - senza ancora incorporare l’effetto jobs act - è tornato il segno più sulle assunzioni già nel 2014 (22mila occupati in più) mentre nel Nordest il Friuli è ancora di un filo al segno meno. Regge, in Veneto, soprattutto il modello dei distretti, più di tutti quello degli occhiali nel Bellunese, che ha sfondato negli Stati Uniti e in Cina, bene anche l’export del comparto elettrodomestici di Treviso che segna un + 18,2 per cento a fine 2014. Zaia legge i dati compiaciuto e - con i fondi Ue - rivendica gli aiuti offerti a 14mila imprese in difficoltà, mentre Moretti rilancia con la promessa di nuovi incentivi alle imprese per nuove assunzioni sia a giovani che a over 50. Promette di reperire nuove risorse anche dai tagli alle indennità e ai rimborsi spese dei consiglieri e dall’abolizione dell’assegno di fine mandato. Proposte che figurano anche nel programma di M5S. Sotto traccia il Veneto dovrà poi fare i conti anche con un altro tema: le Popolari - fenomeno diffuso e fiorente nell’economia regionale - diventate spa. Con gioiellini come Veneto Banca e Popolare Vicenza a rischio cannibalizzazione e relativo sradicamento dal territorio.
«BASTA IMMIGRATI» Zaia lo dice chiaro: «Il Veneto ha già dato, abbiamo già 514mila immigrati e 42mila sono disoccupati», spiega il governatore a motivare il no all’accoglienza profughi. «L’immigrazione è un tema molto delicato», si giustifica Maria Rosa Pavanello, Presidente di Anci Veneto e sindaco di Mirano, del Pd. «I Comuni nella quasi totalità non dispongono di strutture di loro proprietà da dedicare». Il tema lo prendono con le pinze un po’ tutti. Moretti lancia una proposta: «Diamo i 35 euro di retta agli anziani e facciamoli ospitare a casa loro». Berti la punzecchia: «Se non sono un problema 5mila immigrati in più Moretti li ospiti a casa sua».
FATTORE FAMIGLIA Ma il grande ammortizzatore sociale che ha consentito al Veneto di resistere è stata la famiglia, protagonista anche del modello di economia familiare che ha mostrato di tenere più che altrove. Il Forum regionale delle associazioni familiari si appella allo statuto delVeneto che al punto 3 riconosce il principio di sussidiarietà. E chiede una legge regionale sulla famiglia, l’introduzione della valutazione di impatto familiare e nuove politiche fiscali e familiari che tengano conto dei carichi familiari.