Rappresentano il punto di riferimento per il settore della salute mentale. In Lombardia, in quest’ambito, i loro istituti assistono un terzo dei pazienti seguiti dal sistema sanitario pubblico. Il loro ordine, proprietario delle strutture, è un ente non profit e questa circostanza, insieme al contratto che lega i loro ospedali al Ssn, costituisce il presupposto per cui i Fatebenefratelli non pagano l’Imu. Per essere precisi, la pagano per l’unica struttura in cui non fanno assistenza ma formazione: ogni anno il castello di Monguzzo (Como) costa alla provincia Lombardo Veneta dell’Ordine ospedaliero San Giovanni di Dio 14mila euro, come ci spiega il direttore generale dei Fatebenefratelli, Andrea Belloli.
Le vostre strutture pagano l’Imu? No, se parliamo dei dieci presidi dove - ad eccezione del Sacra Famiglia di Erba che è un ospedale generalista - offriamo un’assistenza specializzata nel campo della salute mentale, puntando alla riabilitazione del paziente. L’esenzione dipende dalla natura no profit della nostra opera sul territorio e dal fatto che tutte le strutture sono accreditate e convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale, il che vuol dire che accogliamo pazienti prevalentemente non paganti, se si esclude il ticket, e questo in base a contratti stipulati con le diverse Regioni, le quali ci corrispondono un compenso fissato da tariffe pubbliche.
Quando dice che i pazienti sono 'prevalentemente' non paganti cosa vuole dire? Che esiste come ovunque nel sistema pubblico la compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria, ma è minima ed è concentrata nella struttura generalista di Erba. Del resto, la funzione storica e spirituale dell’ordine è quella dell’assistenza ai malati più bisognosi e quindi questo nostro forte orientamento al pubblico è in linea con la tradizione plurisecolare dei Fatebenfratelli.
Cosa avviene degli eventuali utili? Vengono reinvestiti nel servizio. Abbiamo appena inaugurato una nuova struttura che accoglie sei comunità di riabilitazione a San Colombano al Lambro. È costata 16 milioni in autofinanziamento e non servirà ad aumentare i posti letto convenzionati ma a trasferire quelli già esistenti in spazi più moderni e consoni alle esigenze terapeutiche di oggi. In breve, investiamo in qualità del servizio.