Il sindaco di Firenze Dario Nardella - Ansa
«Dobbiamo attuare meglio il titolo V della Costituzione. Non servono fughe in avanti. Già ora abbiamo una conflittualità elevata tra Stato e Regioni: stiamo assistendo a una specie di Babele normativa sui più svariati argomenti. Invece è necessario semplificare ». Dario Nardella, sindaco di Firenze, è chiaro.
Questa autonomia differenziata non le piace proprio…
È vero. L’autonomia è un valore sancito dalla Costituzione, ma troppo spesso viene vista come un viatico per fare quello che si vuole. Invece diritti e doveri valgono anche per le istituzioni. Non può diventare un elemento di rottura della solidarietà di un Paese in ambiti essenziali come la sicurezza e la sanità; un cittadino italiano non può avere un destino diverso a seconda di dove nasce.
E come la mettiamo con la questione dei poteri?
Il Parlamento ne ha molti e poche responsabilità, per i sindaci è l’opposto. Il sindaco è autorità sanitaria locale, ha il potere più limitativo della libertà personale – quello di firmare i trattamenti sanitari obbligatori – ma non può decidere sull’organizzazione della sanità sul proprio territorio. Non possiamo concepire l’autonomia solo come uno slogan. Serve un disegno dove sia chiaro chi fa cosa, in una impalcatura complessiva delle istituzioni. La nostra Carta è molto attenta al bilanciamento dei poteri, incarnati dalla figura del presidente della Repubblica. Invece del premierato occorre dare precedenza a riforme più urgenti da attuare senza bicamerali, a Costituzione invariata. Semplificare la burocrazia, con meno regole che siano più trasparenti, è necessario per avere meno corruzione. In ogni caso prima del premierato bisogna riformare la legge elettorale: in un Paese dall’astensionismo record, in cui i cittadini si sentono sempre più lontani dalla politica, è singolare parlare di elezione diretta del capo del governo se i parlamentari si eleggono ancora con i listini bloccati.
Quale potrebbe essere la soluzione?
Quando le riforme vanno a toccare l’impianto della Repubblica, dovrebbero essere quanto più trasversali possibili. Qui si toccano le regole del gioco e i rapporti tra istituzioni e cittadini. Serve una maggioranza più larga, specialmente in una fase così conflittuale come questa. Purtroppo questa è una riforma in salsa padana senza alcuna visione. L’autonomia differenziata non può andare avanti a colpi di slogan. O peggio: non può essere un’operazione elettoralistica oggetto di scambio e mercanteggiamento con il premierato.
Cosa ha deciso per il suo futuro?
Ho dato la mia disponibilità per una mia candidatura alle Europee. L'ho fatto con umiltà e spirito di servizio. Sono stato presidente dei sindaci europei per due anni, ho visto quanto è importante avere un ruolo attivo nelle istituzioni europee perché lì si prendono le decisioni. Se il Partito democratico vorrà confermare la mia candidatura io sarò felice, ovviamente non sgomito, sono a disposizione e penso che Firenze abbia molto da dire sulle questioni europee. Altrimenti tornerò a insegnare all’Università o a suonare il violino. Le Europee, comunque, sono un test importante per tutta la sinistra europea, che deve proporre ai cittadini una visione nuova della società, a partire dal welfare. E deve avere la capacità di dialogare con tutti, a cominciare dai cattolici. Questa nostra pluralità consente di poter rapportarci sui temi più comuni e scottanti: dalla pace al fine vita, dal lavoro alla scuola. Non dobbiamo cadere nella trappola della destra.
Nessun dialogo con la destra quindi?
Purtroppo sono avversari arroganti. Lo si è visto qui a Firenze. Hanno tolto 30 milioni di euro per fare la tramvia, 55 milioni per rifare lo stadio, due milioni all'Istituto degli Innocenti. Lo abbiamo visto anche da come è stato portato avanti il Pnrr: per la prima volta in dieci anni non c’è stato alcun confronto tra la presidente del Consiglio e l’Anci. Stiamo assistendo a una clamorosa contraddizione tra patriottismo centralista e taglio delle risorse agli enti locali. In questo modo si spacca il Paese e si rendono ancora più difficili i rapporti con l’Ue. Nei prossimi mesi l’Italia dovrà trovare 25 miliardi di euro per via del nuovo Patto di stabilità, della riforma Irpef e del Superbonus.
Ma è favorevole a un terzo mandato, appoggerà Funaro?
Secondo me deve decidere il corpo elettorale. Se un amministratore è bravo, non vedo impedimenti. Mentre se un primo cittadino lavora male, forse è meglio che si fermi al primo mandato. Sicuramente sosterrò Sara Funaro. Da sindaco uscente, però, non voglio svolgere e non è giusto che svolga un ruolo attivo nella costruzione della coalizione. È un lavoro che spetta al Pd e che il Pd sta facendo bene.