Un momento dell'ultimo congresso del Partito popolare italiano, a Roma nel marzo del 2002. - GIUSEPPE
La chiamano “disintermediazione”. Se nel centrosinistra ci sono tante sigle a fare da retroterra socio-culturale, molte vicine al Pd - con risultati inferiori alle attese, va detto -, nel centrodestra i voti sono arrivati a frotte nel settembre 2022, anche dai cattolici praticanti, ma per lo più in ordine sparso, senza “cinghie di trasmissione” dell’associazionismo. «Negli anni ‘90 - ricorda Nando Pagnoncelli, ad di Ipsos - facemmo un’indagine fra gli operai al Nord e ci accorgemmo con sorpresa che erano in prevalenza iscritti alla Cgil, cattolici praticanti ed elettori della Lega. Il processo è andato avanti, con la cosiddetta Seconda Repubblica, e non si può più analizzare il voto con gli schemi di prima». Il centrodestra nel format inaugurato da Silvio Berlusconi mostra di aver meglio saputo interpretare questo cambio di passo, anche se sconta ora una forte volatilità nei consensi al suo interno, con inevitabili conseguenze negli equilibri. «Nel 2019, alle Europee la Lega fu il partito più votato, anche dai cattolici praticanti. Nel settembre 2022 - certifica Pagnoncelli - lo è diventato, ampiamente, Fdi, e la Lega è ora il quinto partito fra i cattolici, il terzo della coalizione, superato anche da Forza Italia, con Pd e M5s al secondo e terzo posto».
In questo voto svincolato dalle appartenenze anche le associazioni più vicine al centrodestra escludono sostegni “fideistici”, sul modello del “collateralismo” di un tempo. Marco Invernizzi, presidente di Alleanza cattolica, è uno studioso del conservatorismo, il progetto abbracciato da Giorgia Meloni, sul quale ha scritto un libro per Ares con lo storico Oscar Sanguinetti. «Andiamo in giro a parlarne, ma la nostra è un’azione di apostolato culturale, senza legami politico-organizzativi. Le nostre scelte le finalizziamo all’attuazione per intero della dottrina sociale della Chiesa, e in questo senso guardiamo con favore al centrodestra. Senza censurare nessun aspetto, nemmeno l’ambiente e gli ultimi, come ci si accusa. Il vero riformismo - rivendica - è quello dei conservatori, che hanno chiaro il quadro di valori in cui agire, ossia il diritto naturale. Se no, è rivoluzione. Solo che - lo spieghiamo ai ragazzi che vengono a sentirci - se su certi temi si trovano le porte aperte, per altri, i cosiddetti “principi non negoziabili”, dalla famiglia fondata sul matrimonio alla vita fin dal concepimento, sono considerati urticanti. E infatti - conclude Invernizzi - il Papa quando ne parla viene di solito ignorato».
Jacopo Coghe è portavoce di Pro vita & famiglia, protagonista, col deputato leghista Simone Pillon, del tentativo non coronato da successo di portare in Italia la piccola Indi Gregory. «Nelle nostre battaglie - assicura Coghe - ci rivolgiamo a tutti, ma ci risponde solo il centrodestra. Così quando l’8 marzo è stato tentato l’assalto alla nostra sede, ci sarebbe piaciuta una solidarietà unanime - lamenta -, ma purtroppo così non è stato».
Anche Massimo Gandolfini, coordinatore del comitato “Difendiamo i nostri figli” esclude sostegni a scatola chiusa: «Siamo nati per mobilitarci su tre filoni, vita, famiglia e libertà educativa, e su questi temi registriamo dei provvedimenti significativi, come la maternità surrogata reato universale (che però deve ancora passare in un ramo del Parlamento) e la legge per gli anziani, appena approvata. Ci sembra molto positivo, inoltre, che si voglia dare attuazione anche alla prevenzione prevista dalla 194, legge che non condividiamo per niente, ma che si ripropone anche di rimuovere le cause, dalla solitudine alla povertà, alla base di una scelta drammatica per la donna, su cui anche la sinistra dovrebbe fare una riflessione. Ma questo non ci impedisce di criticare quando un’amministrazione di centrodestra fa scelte che non condividiamo, come il Veneto sul fine vita».
L’avvocato Domenico Menorello, ex deputato veneto di Scelta civica, è ancor più esplicito, sull’argomento: «Mi sento più vicino ad Anna Maria Bigon che a Luca Zaia», dice. Menorello ha promosso la rete “Ditelo sui tetti” che con circa 100 associazioni ha dato vita a un’ agenda cattolica «sussidiaria e pre-politica, che dialoga con tutti, senza pregiudizi ideologici - spiega -. E in questo governo abbiamo trovato interlocutori attenti, che conosciamo bene, come Eugenia Roccella e Alfredo Mantovano, un politico e un giurista che considero mio maestro».
Forza Italia, dalla sua, rivendica una «adesione più radicata ai valori fondanti dell’Europa, dalla libertà alla centralità della persona - dice il deputato azzurro Andrea Orsini - e un approccio più organico al sistema di valori cristiani, anche sul temi come l’accoglienza dei migranti».
Ma a 30 anni dalla fine della Dc, in una coalizione che raccoglie tanti consensi cattolici, per paradosso a fare più fatica sono proprio le formazioni che nel simbolo e nella denominazione si richiamano allo scudocrociato. Nel “cartello” di Noi moderati, guidato da Maurizio Lupi, c’è la componente dell’Udc, che - al pari del Cdu e dei vari progetti di nuove Dc - fa fatica a stare da sola, con il suo simbolo, e non ha scelto ancora, alle Europee, con chi federarsi. Per l’ex parlamentare Paola Binetti, dell’Udc, c’è da correggere «l’ansia di primeggiare, che sottrae risorse ed energie e crea tensioni che debilitano la coalizione. Un centrodestra autenticamente unito potrebbe dar vita a progetti e programmi di ben più ampio respiro, se non fosse logorato dal continuo confronto, in una titanica impresa di mutuo sorpasso». E, nella fluttuazione di voti dentro il centrodestra, «c’è una sorta di migrazione interna - lamenta - verso il partito che di volta in volta sembra occupare il ruolo più prestigioso e più rassicurante in vista delle elezioni successive».