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In Italia l’acqua ci sarebbe, ma viene persa davvero in mille rivoli. E quella che rimane in molti casi viene sprecata. Paradossi di un Paese che si trova a dover fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico ma che deve, prima di tutto, cambiare abitudini. Traguardo fondamentale da raggiungere che la Giornata Mondiale dell’acqua, che si celebra oggi, rende più importante di prima. Perché in Italia l’acqua potrebbe essere una risorsa abbondante, ma si fa sempre più scarsa mentre il governo cerca di accelerare sugli interventi ma nomina un commissario con poteri limitati.
Acqua e abitudini di consumo, dunque. Stando all’Istat, l'Italia è sempre al primo posto in Europa per la quantità, in valore assoluto, di acqua dolce prelevata per uso potabile. Consumiamo a testa 155 metri cubi annui; più di noi solo i greci e dietro di noi i bulgari. Guardando sempre ai prelievi, il volume di acqua per uso potabile per impieghi domestici, pubblici, commerciali, artigianali, industriali e agricoli che rientrano nella rete comunale è di 9,19 miliardi di metri cubi nel 2020. Tutto è reso possibile da una rete di distribuzione capillare. Che fa letteralmente acqua da tutte le parti. Sempre secondo Istat, ogni giorno si perdono 157 litri per abitante. Per capire meglio cosa significa tutto questo, basta sapere che il volume di acqua disperso nel 2020 soddisferebbe le esigenze idriche di oltre 43 milioni di persone per un anno. Il 42,2% dell'acqua immessa in rete non arriva a destinazione. I valori più alti di dispersione sono registrati nel Centro e nel Mezzogiorno d’Italia. In Sicilia si arriva al 52,5%, in Sardegna al 51,3%. Nel distretto del Po, invece, ci sono le reti di distribuzione più virtuose con perdite che arrivano “solo” al 31,8%.
Proprio il tema degli sprechi – oltre a quello della necessità di avere più bacini di raccolta – è il cruccio degli addetti ai lavori. Anche se gli investimenti sono stati fatti. Utilitalia nel suo Blue Book - la monografia completa dei dati del Servizio idrico integrato – spiega che gli investimenti nel settore idrico raggiungono i 56 euro annui per abitante (+70% dal 2012). Situazione buona, si direbbe. Peccato che la media europea degli ultimi 5 anni, sia pari a 82 euro per abitante. Certo, la qualità del servizio è migliorata, ma permane, viene spiegato, un profondo divario in termini di capacità di investimento tra le gestioni industriali e quelle comunali “in economia”, diffuse soprattutto al Meridione. I maggiori investimenti sono stati al Centro, quelli più scarsi al Sud. E non solo nelle condutture ma anche nella qualità dell’acqua oltre che nelle reti fognarie. Già, le fogne. Anche in questo caso la situazione non è delle migliori. Ancora secondo l’Istat sono 6,7 milioni i residenti non allacciati alla rete fognaria pubblica; il servizio è completamente assente in 40 comuni. Acqua preziosa, quindi. Anche dal punto di vista economico. L'Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva fa notare che la bolletta è sempre più cara: 487 euro la spesa media a famiglia nel 2022 con un aumento del 5,5%. Eppure molto si fa e di più si potrebbe fare. Mentre da tempo gli agricoltori sono impegnati in tecniche di coltivazione sempre più attente al risparmio idrico, sul fronte degli altri usi Legambiente spiega che la raccolta delle acque meteoriche nelle città e il riutilizzo di quelle reflue per l'agricoltura potrebbe mettere a disposizione circa 22 miliardi di metri cubi all'anno, cioè tre volte la capacità contenuta nei 374 grandi invasi in esercizio. L’associazione propone quindi un decalogo di buone abitudini (un altro lo ha reso noto l’Enea), e chiede al governo «una strategia idrica nazionale in modo da avviare una nuova governance dell'acqua». E, in effetti, Palazzo Chigi un “tavolo dell’acqua” lo ha pure creato. Niente “commissari straordinari” con ampi poteri, però, ma una figura con un perimetro d’azione molto circostanziato a fino alla fine dell’anno che potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e sbloccare interventi da fare subito. Piuttosto l’esecutivo punta ad accelerare sulle opere pubbliche - invasi e dighe -, per raccogliere quanto più acqua possibile. Una riposta al “Piano laghetti” di Coldiretti e Associazione dei consorzi irrigui (Anbi) che tuttavia chiede comunque un “Piano idrico nazionale nel rispetto delle leggi”.
Intanto l’emergenza continua. Proprio oggi, a causa di una riparazione urgente in provincia di Pescara circa 27mila persone probabilmente rimarranno a secco.