giovedì 7 marzo 2024
Nel nostro Paese 66 auto ogni cento abitanti, il 30% in più rispetto a Francia e Germania. Il report "Pendolaria" di Legambiente denuncia i limiti dei trasporti pubblici su ferro nelle aree urbane
Nelle città italiane l'auto spesso è un mezzo obbligato

Nelle città italiane l'auto spesso è un mezzo obbligato - Marco Passaro

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Quaranta milioni di automobili, 66 ogni cento abitanti, compresi bambini e centenari: il 30% in più rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna. La passione degli italiani per la macchina resiste anche nel nuovo scenario del cambiamento climatico e della sfida della sostenibilità. In molti casi è un’abitudine. Ma spesso una scelta obbligata, se si guarda allo stato del trasporto pubblico delle nostre maggiori città, come emerge dal report “Pendolaria - Speciale aree urbane” presentato da Legambiente nell’ambito della campagna Clean Cities. In fatto di mobilità su ferro (metro, tranvie e ferrovie suburbane) la Penisola non regge il confronto con i principali Paesi europei. Il dato non è nuovo.

Ma a colpire è il fatto che negli ultimi anni non c’è stata nessuna riduzione di questo storico ritardo infrastrutturale, semmai il contrario. E non pare alle viste un’inversione di tendenza: perché se da un lato il Pnrr prevede investimenti per 3,6 miliardi per potenziare il trasporto pubblico urbano (autobus compresi), dall’altro il Fondo dedicato per il trasporto rapido di massa con l’ultima manovra non è stato rifinanziato.

I dati parlano chiaro: in Italia il totale delle linee metropolitane si ferma a 256 chilometri, ben lontano dai valori di Regno Unito (680 km), Germania (656) e Spagna (615). In tutta la Penisola ci sono meno tratte di metro che a Madrid (291 km) e poco più di Parigi (225). Le tranvie arrivano a 397 chilometri, a fronte degli 875 della Francia e dei 2.042 della Germania. Stessa musica per le ferrovie suburbane usate dai pendolari: in Italia la rete è di 740 km, in Germania il triplo, in Spagna il doppio. Tra le città, Roma è tra le peggiori in Europa in termini di dotazione di metro. Parliamo di 1,43 km ogni 100mila abitanti, un quarto di Londra, Madrid o Berlino. Eppure nella capitale l’annunciata e rinviata al 2026 costruzione di una nuova linea di tram tra la stazione Termini e il Vaticano provoca resistenze e allarmi, alimentati anche da una lunga campagna stampa anti-binari da parte del principale quotidiano capitolino.

Con 42 pedoni vittime della strada nel 2023 (il 10% di tutto il Paese) Roma domina la graduatoria delle città più motorizzate d’Europa: 71 auto ogni 100 abitanti. A Parigi sono 45, a Barcellona 41, a Londra 36, a Berlino 35 e a Madrid 32. Facile, si dirà, fare a meno dell’auto o averne solo una a famiglia quando si può contare su trasporti metropolitani relativamente comodi ed efficienti. Ma mentre Londra inaugurava l’anno scorso la Elizabeth Line, nuovo passante ferroviario da 100 chilometri, e Parigi aprirà per le Olimpiadi il primo tratto del mastodontico progetto Gran Paris Express (200 chilometri di metro per collegare il centro alle banlieue) sul fronte investimenti su ferro l’Italia arranca, continuando a puntare nei fatti sul trasporto su gomma. Nel 2023, accusa Legambiente, non è stato inaugurato nemmeno un chilometro di nuove tranvie, mentre l’unica aggiunta al capitolo metropolitane ha riguardato l’apertura di un nuovo tratto della M4 a Milano. Tra il 2019 al 2023 sono stati inaugurati in Italia solo 1,74 chilometri l’anno di nuove metropolitane, e 1,06 km di tramvie.

Non è un caso che gli italiani metropolitani restino al volante. Pesano la carenza di infrastrutture e la mancanza di interconnessioni tra le varie linee di trasporto di massa e di mobilità dolce, di integrazione delle stazioni con il tessuto urbano pedonabile e ciclabile, spiega il rapporto. Condizioni che spingono molti a preferire un costoso e spesso lentissimo, ma rassicurante, viaggio nella propria auto al rischio di una via crucis sui mezzi pubblici. «Le città italiane - commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - sono ferme al palo. Serve uno sforzo economico aggiuntivo di 1,5 miliardi di euro l’anno, per realizzare metro, tranvie e linee suburbane, recuperando fondi dalle tante infrastrutture stradali previste e rifinanziando i fondi per il trasporto rapido di massa e la ciclabilità, svuotati dal governo Meloni, evitando di sprecare risorse per inutili opere faraoniche come il Ponte sullo Stretto».

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