Il Campidoglio è preso d’assedio da militanti e cittadini inferociti, chiamati a raccolta soprattutto dal M5S (che occupa l’aula consiliare). Ma ci sono anche opposte tifoserie, spuntano le bandiere di Forza Nuova, e perfino un manipolo di leghisti, che vengono alle mani con il gruppo dei grillini, costringendo i vigili urbani a intervenire. La tensione dentro e fuori il Palazzo Senatorio ridisegnato da Michelangelo è altissima. Le opposizioni di centro e centrodestra disertano la seduta. Ma il sindaco Ignazio Marino, corroborato dai dirigenti del Pd e soprattutto dalle parole di Renzi, che lo ha difeso a spada tratta, fa capire subito che non ha alcuna intenzione di mollare. Ha provato, così come gli aveva suggerito uno dei sui predecessore Francesco Rutelli, ad allargare la maggioranza, coinvolgendo le opposizioni in una giunta di larghe intese. Ma Alfio Marchini, leader di una lista civica, si è subito tirato fuori, chiedendo a gran voce le elezioni. E anche i Cinquestelle, corteggiati con l’offerta di poltrone, hanno rifiutato la mano tesa del sindaco, preferendo la protesta dentro e fuori l’aula. Spiega il dirigente nazionale Alessandro Di Battista: «Nessuna collaborazione con lui. Marino non è un argine per la mafia, al massimo è un pesciolino che nuota in una vasca di squali. E noi non possiamo sostenere con la nostra forza degli incapaci». E così la maggioranza capitolina dà una prova di forza e di autosufficienza, eleggendo alla presidenza del consiglio, lasciata vacante per le dimissioni di Mirko Coratti (indagato), la presidente della Commissione Scuola Valeria Baglio, anche lei del Pd, in un crescendo di proteste. Il sindaco, fatto oggetto di minacce, insulti e persino di lancio di monetine, fa il segno della vittoria con le dita. E fa sapere di aver sospeso gli appalti del Servizio giardini e di aver nominato un nuovo ragioniere generale del Comune. E ai microfoni del Tg3 rivendica il merito di aver contribuito alle risultanze dell’inchiesta: «Non è vero – dice – che non ci siamo accorti di nulla: io sono andato per ben sei volte dal procuratore Pignatone, portando tutta una serie di elementi che oggi fanno parte di questa grande operazione di pulizia. Quindi la politica era ed è ben attenta e adesso le mele marce le cacceremo via».