lunedì 20 maggio 2024
Due le rotte utilizzate: Turchia e Libia (Cirenaica). Da cinque mesi non approdava una barca nella cittadina della Locride, dove lo scorso anno sono arrivate più di 5mila persone
Un salvataggio operato nelle ultime ore dalla Sos Méditerranée tra Italia e Malta

Un salvataggio operato nelle ultime ore dalla Sos Méditerranée tra Italia e Malta - Ansa

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Riprendono gli sbarchi di immigrati in Calabria. Domenica ben tre interventi della Guardia costiera, impegnata per tutta la giornata a soccorrere tre imbarcazioni con 173 persone, fatte poi sbarcare nel porto di Roccella Jonica. Imbarcazioni giunte da due rotte, Turchia e Cirenaica. Erano cinque mesi che non arrivava una barca nella cittadina della Locride dove lo scorso anno sono sbarcate più di 5mila persone. Molto interessante è la provenienza delle tre barche e la nazionalità dei profughi. La prima era un barchino in vetroresina partito dalla Cirenaica 5 giorni fa e soccorso nella notte a 18 miglia a sud-est di Capo Spartivento. A bordo, 38 persone, tutti maschi del Bangladesh.

Più lunghi e complessi gli interventi sulle altre due imbarcazioni. Nel pomeriggio, sempre a Roccella Jonica, sono sbarcati 87 migranti di nazionalità pakistana (85 uomini e 2 donne), soccorsi a circa 84 miglia a sud-est su una barca a vela partita dalla Turchia. Solo in serata sono invece sbarcate 48 persone (fra cui 5 minori e 3 donne, provenienti da Iraq, Iran, Egitto) che si trovavano a bordo di un’altra barca a vela soccorsa a circa 66 miglia dal litorale della Locride. Anche questa imbarcazione, come quella giunta nella notte, era partita dalla Turchia.

Riprende, dunque, la rotta più “affollata” verso la Calabria ma colpisce l’arrivo di una delle barche dalla Cirenaica. Infatti il 7 maggio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva incontrato a Bengasi, accompagnata da vari ministri, il generale libico Khalifa Haftar, autoproclamatosi comandante dell'Esercito nazionale. Molti i temi affrontati, dalla presenza militare russa alla ricostruzione dopo la catastrofica alluvione e, ovviamente, il traffico di immigrati che lo scorso anno ha visto l’arrivo in Italia di migliaia di profughi. Rotta ferma da mesi, ma ora ripresa dopo appena 10 giorni dall’incontro Meloni-Haftar. Evidentemente i trafficanti, di fronte alle maggiori difficoltà nella regione di Tripoli, sono nuovamente tornati a fare base a Tobruk e dintorni. Ma c’è un altro elemento interessante, la presenza dei bengalesi. Anche domenica Meloni ha rivendicato il calo del 60% degli sbarchi grazie ad accordi come quello con la Tunisia. È vero, l’ultimo dato disponibile sul sito del ministero dell’Interno ci dice che le persone sbarcate quest’anno sono state 18.888 fino al 17 maggio, rispetto alle 46.614 dello stesso periodo del 2023. Un calo che però non ha riguardato tutte le nazionalità.

Lo scorso anno in testa alla “classifica” degli sbarchi c’erano gli immigrati della Costa d’Avorio con 7.371 seguiti dalla Guinea con 5.988. Nazionalità quest’anno quasi scomparse con 585 e 1.761. Sicuramente effetto soprattutto del comportamento del governo tunisino che blocca gli immigrati subsahariani, sia quelli in mare sia quelli ancora a terra, respingendoli nel deserto. Non blocca invece i propri cittadini. Lo scorso anno i tunisini sbarcati erano stati 3.291, quest’anno poco di meno, 2.678. Sono invece addirittura cresciuti i siriani, passati da 2.480 a 2.719. E soprattutto i bengalesi, che nel 2023 erano stati 3.671 e quest’anno sono arrivati a 3.900. Si tratta di nazionalità disposte a pagare di più rispetto ai più poveri africani, e che utilizzano canali più organizzati e proprio nel caso dei bengalesi in mano a trafficanti che offrono il “pacchetto” completo. Ad esempio è ben noto che i bengalesi si spostano in aereo fino alla Libia (Cirenaica e Tripolitania) per poi imbarcarsi. Numeri che evidentemente preoccupano il governo.

Il 7 maggio, sulla Gazzetta ufficiale, è stato pubblicato il decreto del ministero degli Esteri che aggiorna l’elenco dei Paesi sicuri, quelli per i quali è più difficile se non impossibile ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, facilitando così l’espulsione. Si tratta di sei nuovi Paesi che si aggiungo ai 16 indicati nell’analogo decreto del 17 marzo 2023. Il primo dell’elenco è proprio il Bangladesh. Gli altri sono Camerun, Colombia, Egitto, Perù, Sri Lanka. Sulla sicurezza di alcuni ci sarebbe molto da discutere, così come tra i precedenti. Ma certo colpisce che sia stato inserito il Bangladesh proprio ora, mentre aumentano gli arrivi da questo Paese.

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