Più chiaro e scientifico di così non si potrà. Nella Terra dei fuochi alcune gravissime patologie (dal tumore al seno all'asma, da varie forme di leucemie alle malformazioni congenite) sono legate allo smaltimento illegale dei rifiuti. Nessuna ipotesi, ma proprio certezza. Visto che lo racconta un rapporto prodotto con l'accordo stipulato nel giugno 2016 tra la Procura di Napoli Nord e l'Istituto superiore di Sanità.
Così, secondo Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, "è necessario sviluppare un sistema di sorveglianza epidemiologica integrata con dati ambientali nell'intera Regione Campania e in particolare nelle province di Napoli e Caserta, così come nelle altre aree contaminate del nostro Paese, in modo da individuare appropriati interventi di sanità pubblica, a partire da azioni di bonifica ambientale”. E per il Procuratore di Napoli Nord, Francesco Greco, proprio le bonifiche "devono partire immediatamente", per contrastare "l'emergenza più importante per Caserta e Napoli dopo il Covid".
Questa storia infinita comincia in realtà una quarantina d’anni addietro, quando parecchie grandi industrie del Nord, grazie alla camorra, sversano illegalmente di tutto in quella che poi sarebbe stata chiamata la ‘Terra dei fuochi’, a sud di Caserta e nord di Napoli, più o meno tre milioni di abitanti. E i segreto dura… poco, viene tutto messo nero su bianco nei decenni successivi dalle Relazioni della Commissione parlamentare sulle ecomafie, dai Rapporti della Direzione nazionale antimafia e da quelli della Direzione investigativa antimafia, da Legambiente e via via dalle associazioni che nascono da queste parti. Anche come i rifiuti tossici che inzeppano queste terre non possono che avere ricadute, pesanti, sulla salute delle persone, bimbi per primi. Nessuno però legge o sente.
Il primo colpo ufficiale però arriva il 19 luglio 2012: negli ultimi venti anni “in provincia di Napoli (città esclusa, ndr) si sono avuti incrementi percentuali del tasso di mortalità per tumori del 47% fra gli uomini e del 40% tra le donne, incrementi che sono stati rispettivamente del 28,4% e del 32,7% anche in provincia di Caserta”. Mentre in Italia, negli stessi ultimi venti anni, “i tassi sono viceversa rimasti tendenzialmente stabili” e “al Nord sono addirittura diminuiti”, come certifica lo studio sui Comuni campani dell’Istituto nazionale per i tumori “Pascale” di Napoli, realizzato per “verificare e valutare il fenomeno” attraverso le “schede di morte individuale con diagnosi di tumore”. I timori per la vita delle persone? “Questo eccesso di mortalità, che riguarda anche altre patologie cronico-degenerative – sottolinea l’Istituto –, si configura come un grave problema sociale e ambientale, oltre che sanitario, di vasta dimensione e notevole gravità”, tanto che “richiederebbe maggiore attenzione da parte delle istituzioni”.
Ma tutto tace e molti si affannano a smentire. Trascorrono due anni e il 14 aprile 2014 tocca al direttore proprio del Pascale, Tonino Pedicini, suonare di nuovo l’allarme: “Da una parte della comunità scientifica si è sposato un atteggiamento negazionista che non ha nulla di scientifico. Ma solo una volontà di quieto vivere”.
Novità? Macché. I negazionisti anzi rincarano la dose spesso e volentieri. Passano altri due anni e il 2 gennaio 2016 rompe gli indugi anche l’Istituto superiore di Sanità: nella Terra dei fuochi si muore di più anche per “l’esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani”, scrive l’Iss nel suo volume ‘Mortalità, ospedalizzazione e incidenza tumorale nei Comuni della Terra dei fuochi in Campania’ (che aggiorna al 2014 la precedente ricerca riguardante il profilo di salute nella Campania, dopo avere esaminato la situazione epidemiologica nei 55 comuni delle province di Napoli e Caserta definiti, appunto, dalla legge del giugno 2014 come “Terra dei fuochi”). Risultato? “Il quadro epidemiologico della popolazione residente studiata” risulta caratterizzato “da una serie di eccessi della mortalità e dell’ospedalizzazione per diverse patologie a eziologia multifattoriale”. Che, appunto, “ammettono, fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti, l’esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani”. Fra l’altro, la situazione ambientale da queste parti “è peculiare e complessa – sottolineava l’Iss - data la presenza di diversi sorgenti di contaminazione ambientale, e la mancanza di una specifica caratterizzazione sistematica delle diverse matrici”.
Naturalmente la paura più grande riguarda i bimbi: a proposito della salute infantile – si legge nel documento dell’Istituto – “è emerso un quadro di criticità meritevole di attenzione”. In particolare “si sono rilevati eccessi nel numero di bambini ricoverati nel primo anno di vita per tutti i tumori, e, in entrambe le province, eccessi di tumori del sistema nervoso centrale nel primo anno di vita e nella fascia di età 0-14 anni”. Ecco perché l’Istituto superiore di Sanità sottolinea come “i bambini e gli adolescenti debbano essere oggetto di tutela rispetto ai rischi ambientali per la salute, accertati o sospettati, sulla base di un approccio precauzionale”. Cinque anni fa.