Hanno provocato l’indignazione di famiglie ed insegnanti e un terremoto ai vertici dell’Unar, l’Ufficio antidiscriminazioni razziali del Dipartimento per le Pari opportunità, il cui direttore Marco De Giorgi, si è visto recapitare una formale nota di demerito da parte del viceministro al Lavoro, con delega alle Pari opportunità, Maria Cecilia Guerra. Il provvedimento, ha specificato la stessa Guerra in un nota, è stato assunto perché De Giorgi non l’aveva informata dell’«ampia diffusione» nelle scuole degli opuscoli “Educare alla diversità di genere”, predisposti dall’Istituto “A.T. Beck”, dietro compenso di 24.200 euro saldato dall’Unar. Ad indignare i destinatari e provocare la dura reazione del governo, sono stati i contenuti dei tre libretti (per elementari, medie e superiori), orientati a indirizzare l’attività didattica secondo l’ideologia del gender e le tematiche Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali).Questo materiale non è frutto di un’iniziativa estemporanea ma soltanto uno dei molteplici effetti pratici della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, messa a punto dall’Unar su preciso mandato dell’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, di cui Guerra era sottosegretario. La direttiva generale per la «definizione dei contenuti» della Strategia risale al 16 aprile 2013, due settimane prima della scadenza del governo Monti.Tra le indicazioni contenute, una riguarda la «governance per l’attuazione della Strategia» che, si legge nel documento, «richiederà la necessaria collaborazione non solo delle associazioni di settore, ma anche delle istituzioni centrali, a vario titolo coinvolte, e delle parti sociali». Nel gruppo nazionale di lavoro per la definizione della Strategia, la parte del leone l’hanno però fatta le associazioni gay e Lgbt, presenti con ben 29 rappresentanti a un tavolo dove, invece, non è stato nemmeno invitato il Forum delle famiglie, che pure rappresenta oltre tre milioni di nuclei. Eppure, nella scheda assegnazione obiettivi del Dipartimento Pari opportunità, la definizione e attuazione della Strategia è inserita alla voce “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia”. Insomma, la famiglia è stata inclusa tra i destinatari di un provvedimento su quale non ha potuto esprimere alcun parere preventivo. Un chiaro esempio di politica a scatola chiusa. E a senso unico. Costata, a tutti, anche a chi non ha avuto la possibilità di intervenire, 300mila euro di risorse pubbliche.A questo proposito, è interessante notare come la crisi economica, che ha letteralmente falcidiato i fondi statali per le politiche per la famiglia (passati da 250 milioni a 21,2) e per l’infanzia e l’adolescenza (da 40 milioni a 6,9), sembra non toccare un unico settore: quello delle associazioni Lgbt. Sul sito del governo si possono infatti trovare le procedure di acquisizione di lavori, beni e servizi riferite all’Unar. Soltanto nel 2013, l’Ufficio ha corrisposto quasi 250mila euro ad associazioni e realtà Lgbt o comunque per pagare attività legate a quel mondo. Solo a titolo di esempio, ricordiamo che agli organizzatori del Palermo pride dello scorso giugno, sono andati 19.800 euro, mentre altri 3.857,24 euro sono stati pagati alla società incaricata di studiare il progetto grafico e l’allestimento della sala dove si è svolto il convegno di apertura della rassegna sull’orgoglio gay. Ulteriori 20.484,09 euro sono stati corrisposti all’Arcigay per la realizzazione della Giornata mondiale contro l’omofobia e 5.940 euro al Movimento italiano transessuale per il festival internazionale del cinema trans. All’associazione Docabout sono andati 39.204 euro (per sei mesi di lavoro) per un progetto di sensibilizzazione e informazione sulla transfobia e altri 3.500 euro all’Arcigay di Reggio Calabria promotrice di una catena umana. Oltre dieci volte tanto (36.300 euro) è andato a Dgp di Gay project, associazione di Roma che si occupa dei diritti delle persone Gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, transgender e queer, per il progetto “Apertamente”.