martedì 15 maggio 2012
Sotto la lente della magistratura contabile anche la perdita di efficienza e il peso dei permessi sindacali.
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La Corte dei Conti lancia l’allarme sul peggioramento della qualità dei servizi pubblici, esprimendo al contempo perplessità sull’accordo recente per la riforma del lavoro statale. Nella sua relazione l’organo di vigilanza sulla gestione delle amministrazioni pubbliche, avverte infatti che le continue riduzioni operate sul personale stanno peggiorando la qualità dei servizi. «I reiterati tagli lineari agli organici – afferma la relazione – obbligano le amministrazioni ad una continua attività di revisione degli assetti organizzativi, che impedisce il consolidamento di procedure, competenze e professionalità, con inevitabili, negativi riflessi sulla quantità e qualità dei servizi erogati». La magistratura contabile afferma inoltre che «suscita perplessità» l’intesa sottoscritta fra il governo, le regioni, le province, i comuni e le organizzazioni dei lavoratori per ridefinire l’impiego statale, «nella parte in cui rimette in discussione il percorso già avviato» sulla «valutazione della performance» delle PA e del merito dei dipendenti. Il rischio, paventato dalla Corte, è quello di «una possibile permanenza delle criticità». Immediata la risposta del ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, il quale assicura che «premiare i migliori e aumentare la produttività» sono le sue priorità, ma si tratta di «metterle in pratica». Dunque le «perplessità» dei magistrati sono le stesse che lo inducono a intervenire per far sì che questo meccanismo possa realizzarsi. A suo avviso sono due le criticità: la ridotta platea dei destinatari del meccanismo vigente e «la rigida predeterminazione delle fasce che ne ha comportato il mancato recepimento, a livello di contrattazione integrativa». Patroni Griffi, in ogni modo, assicura che l’intesa recente «recupera ai meccanismi di premialità una larga platea di datori di lavoro (regioni ed enti locali); poi, come sarà previsto, la proposta di delega mira a  una valorizzazione della performance individuale nel contesto della performance organizzativa». Tra l’altro il ministro annuncia di stare ragionando proprio con la Corte dei Conti e la Guardia di Finanza sull’idea di «fare verifiche ispettive un pò a sorpresa sulle consulenze esterne della PA. È comunque critico il suo predecessore Renato Brunetta, per il quale «non è ammissibile che in un momento in cui si parla di razionalizzazione dei costi della PA e si sventola con toni trionfali la spending review», si pensi di proporre una legge delega che con tali principi «è in totale contrasto». Per l’esponente del Pdl Patroni Griffi, dovrebbe ammettere «di aver ceduto, per qualche ora, al canto delle sirene dei sindacati». Le preoccupazioni della Corte dei Conti, relative ai «segnali» che riguardano la produttività del settore pubblico, in effetti sembrano dargli ragione. «Il blocco della crescita delle retribuzioni complessive e della contrattazione collettiva nazionale – ragiona la magistratura contabile – hanno comportato il rinvio, da un lato, delle norme più significative in materia di valutazione del merito individuale e dell’impegno dei dipendenti» e, dall’altro, «impedito l’avvio del nuovo modello di relazioni sindacali delineato nell’intesa del 30 aprile 2009», orientato ad una correlazione tra trattamenti accessori e il recupero di efficienza. Allarmante anche il dato che nel 2010 il costo per l’Erario dei permessi sindacali è stato di 151 milioni di euro. «La fruizione dei diversi istituti – rileva la Corte – (aspettative retribuite, permessi, permessi cumulabili, distacchi)» può essere «stimata come equivalente all’assenza dal servizio per un intero anno lavorativo di 4.569 unità di personale, pari ad un dipendente».
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