venerdì 6 giugno 2014
​Sentenza-choc del Tribunale di Pesaro: Andolina (nella foto), braccio destro di Vannoni, già indagato, curerà un bimbo a Brescia.
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Alla fiera dell’assurdo può succedere che un medico indagato per associazione a delinquere e truffa venga nominato “commissario ad acta” di un ospedale pubblico per un singolo paziente, un piccolo malato gravissimo. Che possa entrare in quell’ospedale e – aiutato da medici che si prestino alla causa, anche non appartenenti alla struttura – iniettargli quel che vuole. Che l’infusione in questione non sia mai stata sperimentata prima, ma che un giudice del lavoro la consideri un salvavita. Può succedere e in Italia drammaticamente succede, di nuovo, con la vicenda Stamina.Stavolta a superare la fantasia giuridica dei molti tribunali che si sono pronunciati a favore del contestato metodo negli ultimi mesi – mettendo in mano ai pazienti la “patente” per essere curati – ha pensato un giudice di Pesaro. Alle cure del piccolo Federico, un bimbo di Fano affetto dal terribile morbo di Krabbe, deve pensare Marino Andolina in persona, vicepresidente di Stamina e braccio destro di Davide Vannoni. È lui «l’ausiliario del tribunale», il «commissario ad acta degli Spedali Civili di Brescia» e la nuova ordinanza «è immediatamente esecutiva». Così il pediatra – indagato a Torino per la vicenda – alle 13 di ieri si è presentato a Brescia, in attesa dell’arrivo dell’ufficiale giudiziario. Serrato il suo programma, anche se l’ospedale ha poi chiesto un ulteriore chiarimento del giudice: «Incontrerò i primari coinvolti per vedere se sono disponibili a fare il trattamento, altrimenti cercherò qualche medico esterno, oppure farò io stesso l’infusione al bambino. Domani mattina la nostra biologa (Erika Molino, anche lei indagata e mai iscritta all’albo dei biologi, ndr) preparerà le cellule e appena possibile interverrò sul bambino».Ecco fatto. Poco importa che nel frattempo mezzo Parlamento si indigni, che dal Senato si alzi la voce della solita Elena Cattaneo, da sempre nemica di Stamina, e che si chiamino a gran voce Csm, ministro della Giustizia, Avvocatura di Stato, Renzi in persona. Poco importa perfino che in serata il Csm intervenga davvero, chiedendo la trasmissione degli atti relativi al caso alla Prima Commissione e alla Procura generale della Cassazione. Quel che è sempre contato in questa vicenda sono i fatti e i fatti dicono che, contro tutto e tutti, forse già oggi a Brescia le infusioni riprenderanno sul piccolo Federico.Come è possibile? Semplice. C’è una inchiesta in corso a Torino, c’è la Commissione igiene e Sanità del Senato al lavoro a Roma, c’è persino un’indagine conoscitiva in Regione Lombardia a Milano. Ma ancora manca la parola ufficiale e definitiva della scienza, che il ministero della Salute ormai da mesi promette. E non produce. Di un parere su Stamina è stato infatti incaricato per la terza volta un Comitato ad hoc, formato da grandi esperti nazionali e internazionali lo scorso 4 marzo e che però, come conferma lo stesso presidente, l’ematologo bolognese Michele Baccarani, «ancora non si sono nemmeno incontrati». Certo, già il primo Comitato aveva documentato come il metodo Stamina in realtà non avesse nessuna pretesa di scientificità, ma quel Comitato è stato bocciato dal Tar del Lazio: «Non imparziali», si disse.Ed è comprensibile, in tutto questo, che le famiglie appese al filo dell’unica speranza offerta ai loro figli e fratelli e sorelle – malati gravissimi – si ostinino a credere alla parola di Vannoni e compagni. Ieri proprio i genitori di Federico hanno preso posizione: «Marino Andolina è indagato? E chi se ne frega. Nostro figlio sta peggiorando, come tutti gli altri bambini che hanno dovuto interrompere le infusioni. Vedi precipitare un figlio nel vuoto e stai fermo?». A loro, e alle vittime vere di questa vicenda, serve una risposta chiara e definitiva.
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