Auspici e inviti «hanno fatto il loro tempo». E adesso, di tempo, ne resta davvero pochissimo. Le istituzioni sanitarie cattoliche, in modo particolare quelle del Lazio, che vantano crediti per circa 500 milioni nei confronti della Regione (la cifra si riferisce alle strutture classificate e non tiene conto del Policlinico "Gemelli"), sono drammaticamente vicine ad un bivio: in assenza di soluzioni o si vende ai privati – come è accaduto per l’Ospedale Cristo Re, passato al gruppo Miraglia –, oppure si va verso la riconversione delle strutture. Che significa trasformarle, per esempio, in residenze sanitarie assistite per anziani o in centri per la riabilitazione, chiudendo molti degli attuali reparti e riducendo l’attività odierna a day hospital. Insomma, a operare, in tutti i casi, corposi tagli al personale. Senza contare che le trasformazioni richiederebbero tempo e andrebbero realizzate solo dopo aver messo a posto i bilanci.La denuncia, l’ennesima, arriva da fratel Mario Bonora, presidente dell’Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari). Un altro grido di allarme proprio quando Filippo Palumbo, capo dipartimento della Programmazione e dell’ordinamento del Servizio sanitario nazionale presso il Ministero della Salute ottiene l’investitura di commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Lazio. Resterà in carica fino all’insediamento del nuovo presidente della Regione. Palumbo è subentrato al dimissionario Enrico Bondi il cui operato ha lasciato molte perplessità dopo che i decreti regionali 348 e 349, i cosiddetti "decreti Bondi" varati il 22 novembre scorso, avevano prodotto una vera e propria sforbiciata di 29 milioni (circa il 7%) ai budget 2012, già concordati e approvati. Portando al 10% l’ulteriore riduzione per il 2013. Tra i tagli, anche 5 milioni in meno per le attività di emergenze-urgenza del "Gemelli" e l’impossibilità di potenziare, nell’ospedale dell’Università Cattolica che vanta 800 milioni di crediti dalla Regione, l’unità di Terapia intensiva neonatale e il centro Sla.Insomma, dopo il danno la beffa: «Non solo l’enorme credito che questi istituti vantano è rimasto tale – spiega fratel Bonora – ma i provvedimenti di Bondi includevano una inaspettata retroattività che ha messo in ginocchio molte strutture costrette a limitare se non a rinunciare anche a ricoveri ordinari». Ma non alle emergenze. «All’Idi-San Carlo di Roma, dove ci sono dipendenti che avanzano 5 mensilità, si continua a lavorare e a coprire le urgenze», rileva Bonora. Ma le criticità crescono: mentre all’ex Villa San Pietro, ora dei Fatebenefratelli, per sopperire al difficile momento economico, si va verso un incremento delle prestazioni a pagamento, all’Idi, dopo la riunione di ieri in Campidoglio, il personale attende l’apertura del tavolo permanente di consultazione tra proprietà e sindacati sul piano industriale, previsto lunedì. Al vertice interverrà il sindaco di Roma, Alemanno, ed è atteso il nuovo commissario Palumbo.«Il quadro che se ne ricava è contraddittorio e paradossale – incalza il presidente dell’Aris – perché negli istituti religiosi il costo di un posto letto è inferiore alla comunità del 30-50% ma evidentemente non si vuole più continuare a puntare sul no profit. Nessuno tiene conto, inoltre, dell’enorme mole di attività svolta ambulatorialmente dai nostri istituti. Se questi ultimi dovessero chiudere, gli assistiti si rivolgeranno ai nosocomi pubblici con la naturale conseguenza di un aumento a dismisura delle liste di attesa, già, in molti casi, inaccettabili».