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Smartphone, il grande dilemma. Serve davvero ai nostri ragazzi? Le conoscenze apprese sul telefonino migliorano il rendimento scolastico? E come gestire i rischi che derivano da contenuti inopportuni e relazioni sbagliate? È davvero possibile limitare alcune funzioni? Ma come gestire 'divieti tecnici' e socializzazione dei nostri figli? Quanto è importante che i genitori imparino per primi a gestire smartphone e dintorni? Qual l’età giusta per concedere lo smartphone in autonomia? II tragico caso della bambina di Palermo, ma anche altri episodi in varie zone d’Italia pur senza esiti irreparabili, hanno riacceso il dibattito educativo, con la solita corsa a improvvisarsi competenti di un ambito, quello educativo, che la digitalizzazione diffusa ha reso ancora più complesso e meno ancorato a riferimenti definiti. Ma quando c’è in gioco il benessere dei nostri figli, più che le opinioni improvvisate servono le competenze di esperti che da anni si confrontano, sulla base di studi scientifici, sul rapporto tra educazione e mondo virtuale. Come Marco Gui, docente di sociologia e ricerca sociale all’Università Bicocca di Milano che da quasi un decennio è anche impegnato nel Centro di ricerca Benessere digitale dello stes- so ateneo – e ora ne è il direttore – dedicato a studiare le dinamiche aperte dall’utilizzo massiccio del mondo di internet nelle relazioni familiari, a scuola, tra i coetanei, nel tempo libero. Negli anni il Centro (www.benesseredigitale. eu), che nasce con un approccio interdisciplinare, ha prodotto decine di studi e di pubblicazione, avviato progetti con scuole e gruppi di genitori, messo a punto percorsi formativi per gli insegnanti. Una conoscenza articolata che, se da un lato ha permesso di raccogliere quantità ingenti di dati, dall’altra consente oggi di ridimensionare molto il tecnoottimismo educativo che sembrava vincente solo qualche anno fa. Anzi. «Le ricerche ci dicono in modo abbastanza chiaro che quanto prima i ragazzi cominciano ad utilizzare lo smartphone, tanto peggiori sono i loro risultati scolastici », esordisce Marco Gui.
Marco Gui - .
Ma come professore, ci avevano convinti che le possibilità offerte dallo smartphone, dati, fatti e notizie sempre a portata di mano, sarebbero state un contributo decisivo anche per la crescita culturale dei nostri figli. E invece?
Invece non è cosi. Dal nostro report più recente, concluso pochi mesi fa, su un campione di oltre 3mila studenti, emerge in maniera ripetuta un’associazione negativa tra l’età precoce di arrivo del primo smartphone personale e diversi tipi di competenze, tra cui quelle scolastiche. Insomma, prima si concede il telefonino di ultima generazione più aumenta il rischio che i risultati a scuola saranno deludenti. Al contrario, più è alta è l’età di arrivo dello smartphone, più migliorano gli indicatori, dai livelli di apprendimento (soprattutto per l’italiano) alla competenza digitale, alla problematicità nell’uso del device stesso.
Come ve lo spiegate?
Le ragioni potrebbero essere diverse. È già stata molto studiata l’incidenza negativa sullo sviluppo psichico dei piccoli derivante dalla riduzione del sonno, in termini quantitativi e qualitativi. Occorre dire che questa analisi non consente un’interpretazione causale della relazione tra età di arrivo dello smartphone e i diversi risultati. È probabile che pesino anche altri fattori, che pure abbiamo considerato, come il titolo di studio dei genitori, l’origine etnica e il genere.
I genitori più consapevoli dal punto di vista digitale consegnano più tardi lo smartphone?
In generale è così. Abbiamo già visto in passato come siano i genitori delle fasce sociali più fragili quelli che prima acquistano ai figli gli smartphone di ultima generazione. Non è inconsapevolezza. Spesso gioca un ruolo decisivo la speranza di offrire ai figli uno strumento che possa colmare il divario con gli altri ragazzi. Ma non è così. Lo smartphone agisce da monopolizzatore delle attività digitali per cui chi usa prevalentemente quello, uno strumento che non può andare mai oltre un certo livello di complessità, poi rischia di non acquisire competenze adeguate con il pc o con il tablet.
Quindi niente smarphone ai più piccoli, ma fino a che età?
Quando qualche anno fa uno psicoterapeuta dell’età evolutiva tra i più preparati, come Alberto Pellai, che tra l’altro collabora con il nostro Centro, sosteneva la necessità di non concedere lo smarphone fino ai 14 anni, veniva sommerso dalle critiche e dai distinguo dei 'tecno- ottimisti'. Oggi ricerche come le nostre dimostrano che la cautela è d’obbligo.
Ma se posticipare è d’obbligo, qual è la ricetta giusta per farlo, considerando che questi mesi di pandemia hanno ampliato in modo considerevole la presenza dei ragazzi davanti agli schermi di tutti i tipi?
Dev’essere una scelta condivisa insieme da un gruppo di genitori, meglio se coinvolgendo anche la scuola. Un ragazzino non può essere lasciato solo a sopportare una decisione così difficile se il gruppo dei coetanei o tutto il gruppo classe continua a disporre dello smartphone. Solo così si crea un contesto favorevole: tutti fanno la stessa cosa. Non dimentichiamo che la legge vieterebbe ai minori di 14 anni di andare sui social. Uso il condizionale perché nessuno la fa rispettare. Ma nel momento in cui un gruppo di genitori decidono di limitare o regolamentare l’uso dello smartphone ai figli, farebbero bene a non dimenticarlo.