Pier Luigi Bersani è chiamato a gestire il risultato positivo delle amministrative, ancora troppo parziale. E proprio dallo scenario che si verrà a creare di qui ai ballottaggi dipenderà il futuro del suo Pd, che trova nel successo «tracce di Ulivo». E che registra inevitabilmente l’ennesimo no di quel terzo polo che stenta a schierarsi, ma sicuramente non si allea con il centrosinistra. Così il leader democratico tesse e attende, ma non lancia una nuova sfida al governo. Piuttosto continua a ripetere che «di ripercussioni, ogni mese, ce n’è una. Il fatto è che non regge questa maggioranza, ma non prende atto della sua crisi politica». Ma questo, il leader piddì rivendica di sostenerlo da «ben prima delle elezioni amministrative. Ho sfidato la Lega ad un minimo di principio di coerenza, anche questo ben prima delle elezioni. Ho detto anche che Berlusconi parlava d’altro e non delle questioni del Paese, a cominciare dal lavoro». Insomma, si sfoga Bersani, «è un anno che dico che siamo senza governo e ho sempre detto che il governo doveva prendersi la responsabilità della crisi della maggioranza e aprire una nuova fase». Né, aggiunge, «ho mai legato e non lego all’ora X queste ammini-strative, perché noi ci mettiamo a disposizione di una risposta civica e quando governiamo, governiamo per tutti». Forte del suo successo personale, anche all’interno del Pd, Bersani continua a non azzardare il passo più lungo della gamba e a non dare per definitive le situazioni che hanno caratterizzato il quadro di queste amministrative. In sostanza, sulle alleanze resiste e non si sbilancia. Sull’Ulivo, che qualcuno rievoca di fronte alla vittoria, ammette che «qualche traccia di questo c’è». E nel progetto futuro, «penso che riprendendo quella grande ispirazione che è la ricomposizione di forze e di radici anche diverse possa venire una risposta per l’Italia, naturalmente in condizioni nuove». E sulle condizioni è concentrato Bersani, che avvisa il Nuovo Polo: «Quando non scegli c’è sempre qualcuno che sceglie per te, in questo caso saranno gli elettori». Di fatto, comunque, il segretario del Pd non si è ancora arreso: «Spero sempre che ci ripensino». Intanto, però, i conti li fa con l’area a sinistra del Pd, quella di Di Pietro e Vendola, con cui si è sentito in queste ore e con cui si schiererà per i ballottaggi. «Il messaggio che è arrivato da Napoli e Milano dice cose molto serie», spiega il leader dell’Italia dei valori. Per cominciare, «c’è necessità di una coalizione e noi, responsabilmente, vogliamo costruirla. Ma questa coalizione va costruita sulla discontinuità». E a Bersani che ancora guarda al centro, Di Pietro dice chiaramente: «Oggi riteniamo che un’alternativa possibile ci sia, e che questa alternativa sia una coalizione riformista basata su tre piedi: Pd, Idv e Sel». Dopo di che, spiega il leader dell’Italia dei valori, «siamo aperti a discutere anche con altre formazioni politiche, ma a una condizione: che il programma sia condiviso e che nel programma ci siano alcune scelte che riguardano la solidarietà, le libertà, un’economia in cui ci siano meno differenze sociali e soprattutto che ci sia una funzione pubblica fatta da persone che non utilizzano la loro posizione per interessi personali, bensì per quelli collettivi », conclude.