Le prime parole le indirizza a don Giuseppe Cacciami, storico presidente della Federazione dei settimanali diocesani italiani che dieci anni fa gli fece la predizione fatale, «tu sarai il primo presidente laico della Fisc». Non nasconde la commozione Francesco Zanotti, 50 anni, da ieri alla guida della federazione dei settimanali cattolici, che – messi in fila – fanno un milione di copie diffuse dalle Alpi a Lampedusa. Sognava di fare il giornalista fin da ragazzo, ha conservato la «passionaccia» per una vita facendo il nostro mestiere a mezzo servizio nel «Corriere Cesenate» e lavorando in banca. Poi, tre anni fa, ha capito che doveva seguire la vocazione del giornalismo e allora, lui che è di Cesena, ha varcato il Rubicone.
Come si è arrivati ad eleggere il primo presidente laico dal 1966?Nessuna contrapposizione, la mia elezione dimostra che è cambiata la fisionomia della federazione perché si è ampliata molto la base dei giornalisti laici.
Quale programma seguirà?È necessario proseguire nel solco dei fondatori e di chi ci ha preceduto. Al secondo punto metto l’amicizia, uno dei grandi pilastri della Federazione. Ancora, comunione ecclesiale, molto più di una sintonia d’intenti. Poi la condivisione: nella Fisc si condivide la vita, un tratto di strada da percorrere insieme. Quindi il pensiero e la riflessione, indispensabili per affrontare presente e prepararsi al futuro. Infine, l’umiltà: chi vuol essere il primo si faccia servitore.
Il 2010 è stato un anno molto difficile, con il «delitto mediatico» che rischiava, con gli aumenti improvvisi delle tariffe postali, di falcidiare la stampa diocesana. E il 2011?Siamo alle prese proprio in questi giorni con le scadenze delle nuove tariffe postali. Ma ora che il quadro è cambiato, possiamo programmare. Procederemo nei rapporti istituzionali che riguardano l’editoria d’intesa con le altre voci cattoliche, dal Sir ad Avvenire, che ci è sempre stato molto vicino. La nostra realtà è molto vivace, soprattutto al sud sono nate negli ultimi tempi diverse testate e questo è un segno molto bello. La Chiesa italiana ha capito da tempo l’importanza dei media e vuole starci da protagonista.
Il futuro è cartaceo o in Internet?La carta stampata non morirà mai, ma dobbiamo affrontare e vincere la sfida della multimedialità. Metà dei nostri giornali è dotata di un sito Internet, alcuni sono esclusivamente on line e altri vi arriveranno. Nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2009, il Papa ha definito Internet un grande dono per l’umanità. Per i settimanali è una frontiera imprescindibile. Abbiamo il dovere di sfruttare quanto la tecnica ci mette a disposizione senza abdicare allo spirito critico verso i nuovi media.
Ogni settimana i settimanali diocesani tirano un milione di copie. Qual è il segreto?Siamo giornali locali con sguardo globale. Leggiamo i territori, ma ci rivolgiamo e ci occupiamo di tutto l’uomo, chi vive accanto a noi e chi opera oltre oceano. Siamo strumenti di evangelizzazione, portando la voce dei pastori nelle case, e della comunicazione sociale che apre alla speranza. Diamo voce a chi non ha voce, raccontiamo le storie della gente, siamo voce di quel popolo che non fa notizia sui grandi media. E che ci legge. E poi conta la qualità del nostro lavoro. Siamo una scuola che ha sfornato grandi professionisti cattolici. Penso, ad esempio, a Dino Boffo, a Giorgio Tonelli, a Giancarlo Fabi, allo scomparso Beppe De Carli. E mi scuso con i tanti colleghi che non ho citato.
Cos’è oggi la Fisc nella quale comincia il mandato di presidente?Un luogo di elaborazione culturale grazie al contributo di tanti direttori sacerdoti, conosciuti in questi anni, e di figure straordinarie di educatori e maestri. E non dimentico i laici che fanno parte della nostra storia, da Giovanni Fallani, con la sua ironia e arguzia, ad Alberto Migone, dal pensiero profondo. Perciò sono convinto che è importante tornare alle radici e valorizzare il cammino già percorso in questi anni, con lo sguardo volto al futuro.