La quota 100mila era stata fissata come obiettivo da raggiungere entro il 2019 dal precedente governo. La questione adesso perciò è capire quale strada vorrà prendere l’attuale esecutivo sul fronte servizio civile. Ed è per questo che la presentazione dell’annuale rapporto del Cnesc (Conferenza nazionale enti servizio civile) Il contributo della Cnesc alla realizzazione del servizio civile, ieri a Roma, è l’occasione buona per chiedersi se il governo Conte che sta preparando la prossima finanziaria sarà in grado di mantenere questo target. Una domanda che presto si trasforma in richiesta ai nuovi inquilini di palazzo Chigi, accanto alla necessità di mantenere almeno l’attuale contingente di 300 milioni l’anno per il 2019 e di procedere presto alla pubblicazione del bando ordinario 2018 con 50mila posti di servizio civile per i giovani. Come pure l’urgenza di far uscire entro i primi giorni del mese di agosto – lo stesso periodo del 2017 – l’avviso per il deposito dei progetti con scadenza novembre 2018.
Il governo giallo-verde riceve infatti in eredità un servizio civile nazionale in buona salute e «pronto ad accogliere le sfide del futuro». I dati del rapporto, che fotografa la situazione dei 41mila giovani che attualmente lo svolgono in Italia, si focalizza in particolar modo sui 16mila ragazzi che operano nelle oltre 7mila realtà del terzo settore che compongono il Cnesc. E sfogliando i dati del report, realizzato con il contributo di 24 delle associazioni aderenti, si comprende come per questi ragazzi l’anno di servizio civile sia la prima occasione di affrontare i problemi della società. Il 60% dei progetti, infatti, si è concentrato sull’assistenza di anziani, disabili, malati e poveri. Il 36% invece ha avuto come focus la tutela e la promozione del patrimonio culturale, mentre il 3% quella del rispetto e cura dell’ambiente. Appena il 4,8% i percorsi realizzati all’estero, soprattutto nel campo della cooperazione internazionale. A far riflettere anche l’investimento economico degli enti Cnesc che, a fronte di uno stanziamento statale di 91 milioni per gli assegni mensili e l’assicurazione dei giovani avviati al servizio presso gli aderenti alla Conferenza, ha superato i 76 milioni di euro. Le questioni da portare all’attenzione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle Pari opportunità e giovani Vincenzo Spadafora (invitato all’evento ha inviato un messaggio di saluto), che le organizzazioni chiedono di poter incontrare prima possibile, restano però tante. A partire dal finanziamento, al nuovo bando 2018 giovani e all’avviso di deposito dei progetti. Come anche la questione dell’accreditamento visto che, spiega il presidente Cnesc Licio Palazzini, «non sta andando bene l’accreditamento all’Albo unico del servizio civile universale». Nell’immediato va infatti realizzato «l’obiettivo di permettere l’ingresso di nuove organizzazioni, pubbliche e di terzo settore, che fino ad ora sono rimaste estranee». Altra priorità politica, continua, «è la programmazione triennale e annuale, vera innovazione rispetto al servizio civile nazionale» che non poche frizioni ha creato nel confronto tra Stato e Regioni. Tuttavia, dice Palazzini alla fine, «arriviamo a questo passaggio senza avere delle sperimentazioni e questo è un limite». Una sperimentazione che invece dovrebbe partire il prossimo anno all’interno del Cnesc è quella di valutazione dell’impatto sociale dei progetti del servizio civile, con parametri di valutazione in fase di definizione, che dovrebbe portare ad avere già nel 2019 dati e sintesi. Il servizio civile è infatti «l’unico strumento di formazione civica, non può essere più pensato in maniera inerziale». Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale Terzo settore, ammette comunque che in certi contesti diventa anche «un ammortizzatore sociale e uno strumento di contrasto alla povertà». Ma ciò non toglie il valore a questa «esperienza di senso », che permette di «far crescere capitale umano». Certo le domande a cui il governo deve rispondere sono tante, ma anche «noi – è il ragionamento del presidente Csvnet Stefano Tabò – siamo chiamati a cogliere le sfide tutti insieme», perché o si cresce tutti «o nessuno ». Anche perché con la riforma «non cambia solo il terzo settore, ma il volto del Paese».
Il 60% dei percorsi di lavoro riguarda l'assistenza, il 36% la tutela del patrimonio culturale e il 3% quello ambientale
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