L'ennesimo, schizofrenico capitolo della vicenda Stamina si è consumato ieri tra due tribunali siciliani e la direzione generale degli Spedali Civili di Brescia. Sul cui tavolo si sono materializzati a distanza di qualche manciata di minuti prima la pronuncia di un giudice di Marsala, che ha accolto il reclamo presentato dalla struttura e disposto che i trattamenti per il piccolo Gioele (un bimbo di 2 anni affetto da una malattia degenerativa cui era stato dato l’ok per le cure ad aprile) non dovranno proseguire, poi l’ordinanza di un giudice di Ragusa, che ha invece disposto la ripresa dei trattamenti per un’altra bimba. Ordinando addirittura al direttore sanitario Ezio Belleri in persona (nominato per l’occasione «ausiliario del magistrato») di trovare entro cinque giorni dei medici disposti a procedere. Se non a Brescia, in tutta Italia. Insomma: Stamina no e Stamina sì. Così stabilisce la legge italiana.Immaginarsi l’imbarazzo dell’ospedale, che da mesi ormai attende un segnale definitivo da parte del ministero (il famoso nuovo Comitato scientifico chiamato a giudicare per la terza volta il metodo di Vannoni è ancora uccel di bosco) e che dallo scorso 3 marzo ha bloccato le infusioni sui pazienti in seguito all’assenza della biologa di Stamina Erika Molino (che biologa non è) e all’obiezione di coscienza di larga parte dei medici e operatori coinvolti nella somministrazione della presunta cura. Ora bisognerà stabilire come procedere, barcamenandosi tra ordinanze esecutive, consigli legali, beghe interne. E, ultima ma non meno importante, la rabbia delle famiglie dei malati: «In Italia si preferisce far morire i bambini invece che far rispettare la legge per le cure compassionevoli, ma non mi arrendo – ha detto ieri il papà di Gioele, Antonio Genova –. Non mi fermerò. L’ho promesso a mio figlio». All’orizzonte si prepara già una nuova causa.E se i giudici continuano a sfornare ordinanze, i medici si difendono come possono. La settimana scorsa, dopo la sentenza con cui il tribunale di Pesaro chiamava in causa il presidente dell’Ordine dei medici di Brescia Ottavio Di Stefano e lo investiva di individuare personale disposto a praticare le infusioni di Vannoni, quest’ultimo si era appellato al Codice deontologico e all’articolo 4 sull’indipendenza dei camici bianchi. Una presa di posizione non consentita al manager e direttore generale dei Civili, Ezio Belleri, che medico non è. Di qui la decisione del tribunale di Ragusa di aggirare l’ostacolo e proseguire sulla strada delle infusioni “forzate”. Poco importa che a Torino, nel corso della prima udienza del processo che vede Vannoni imputato per tentata truffa, i pm raccontino di come il guru delle staminali di medicina rigenerativa non sappia un bel nulla. Finché le istituzioni non prenderanno un posizione chiara e definitiva sulla vicenda, uno degli ospedali pubblici più grandi della Lomardia e d’Italia resterà in balia del caos Stamina. Solo.