Un terzo di alunni stranieri per ogni classe, contro due terzi di loro compagni italiani: è questo il tetto massimo previsto a partire dal prossimo anno 2010-2011 per le scuole elementari, medie e superiori, secondo una nota già diffusa dal ministero dell’Istruzione a tutti gli istituti della Penisola. Con le nuove "Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana", dunque, il ministro Mariastella Gelmini tenta di dare una risposta all’annoso problema della presenza sempre più massiccia tra i banchi di scuola di ragazzini che per legge sono soggetti all’obbligo dell’istruzione, ma di fatto sono condannati spesso a restare cronicamente indietro nei programmi, per il semplice motivo che non conoscono l’italiano. Un problema che tutta Europa sta da anni cercando di affrontare, proponendo via via ricette nuove e quasi sempre fallimentari, come le cosiddette classi-ghetto per soli stranieri, dove in teoria dovrebbero ricevere un’istruzione "full immersion" della lingua del Paese ospitante, ma dove invece il più delle volte si chiudono alla realtà esterna rinunciando a integrarsi, ovvero a far propria la cultura del posto. «La scuola deve essere il luogo dell’integrazione - sottolinea il ministro Gelmini -, i nostri istituti sono pronti ad accogliere tutte le culture e i bambini del mondo, allo stesso modo la scuola italiana deve mantenere con orgoglio le proprie tradizioni storiche e insegnare la cultura del nostro Paese». E d’altra parte - ricorda - «i bambini stranieri devono essere inseriti nelle classi con i bambini italiani, hanno bisogno di stare insieme a loro per potersi integrare al meglio». Un no, quello alle cosiddette classi-ghetto, che nel dibattito nazionale è sempre stato bipartisan, come dimostrano le esperienze di tante amministrazioni locali, anche se poi «sul tema ci si è divisi agitando una ingiustificata polemica di tipo ideologico», lamenta il ministro. Se, infatti, nella teoria si è tutti d’accordo nel proclamare concetti come accoglienza e integrazione, all’atto pratico gli ostacoli sono tanti, e già un 30% di alunni che parlano diverse lingue del globo ma non l’italiano sarebbero un guaio anche per il migliore corpo insegnanti. Una eventualità presa in considerazione della stessa Gelmini: il tetto massimo del 30% potrebbe infatti essere ulteriormente ridotto a fronte della presenza di alunni stranieri che all’atto dell’iscrizione dimostrino una padronanza dell’italiano ancora inadeguata o addirittura nel caso di "particolari e documentate complessità". D’altra parte, però, lo stesso limite potrebbe invece essere innalzato: non di rado, infatti, i figli di immigrati (nati nel nostro Paese o giunti in tenera età) conoscono perfettamente l’italiano, dunque non rientrano nel 30% in difficoltà (su 600mila studenti stranieri, almeno il 35% è nato in Italia). L’assegnazione degli alunni nelle classi sarà autonomamente decisa dalle scuole, che dovranno quindi procedere a un accertamento dei livelli di preparazione dell’alunno e, quando necessario, organizzare "corsi di potenziamento tenuti, dove possibile, dagli insegnanti della scuola stessa". Un quadro evidentemente complesso, che solleva varie problematiche, in primo luogo quella dei fondi e della formazione degli insegnanti. Il ministero infatti prevede vere e proprie "classi di inserimento" sia al mattino che al pomeriggio, di durata limitata, per i nuovi immigrati, "mentre nella scuola media una parte di ore della seconda lingua potrà essere usata per lo studio dell’italiano"...Il tutto entrerà in vigore in modo graduale, a partire dalle classi prime dei tre gradi (scuola primaria, secondaria di I e di II livello). Quanto ai fondi, il ministero promette "apposite risorse finanziarie per gli interventi di sostegno per l’inserimento degli stranieri, e ulteriori finanziamenti saranno previsti per le scuole dei territori con alta presenza di cittadini stranieri".