Attitudine, predisposizione, interesse. Ha molti nomi quella che potrebbe essere «l’arma segreta» per affrontare la scelta della scuola superiore dopo la licenza media, con minor apprensione. Esperti, docenti e orientatori sono unanimi: è prioritario ascoltare i desideri e le aspirazioni del proprio figlio per procedere al meglio nella scelta. Ma quella che appare come la via più semplice per oltre mezzo milione di famiglie, che da domani sono chiamate alla scelta della scuola superiore a cui iscrivere il proprio figlio a partire dal prossimo settembre, non è nella realtà la più facile da realizzare.Ne è consapevole Roberto Pellegatta, preside dell’Istituto professionale Ipsia Meroni di Lissone (in provincia di Monza e Brianza), che ammette sconsolato di aver sentito molte volte «alcuni genitori davanti all’insuccesso scolastico del proprio figlio, scaricare il tutto dicendo: "l’ha scelto lui". Davvero triste, anche perché vuol dire che la famiglia in quel momento non si è assunta la responsabilità di vivere insieme la scelta». Invece è «fondamentale che la scelta sia comune, certo ascoltando i desideri del figlio e aiutandolo a scoprire le proprie attitudini». Un aspetto fondamentale, aggiunge Laura Mengoni, responsabile per Assolombarda del settore formazione, «che si guardino e si scoprano le attitudini, le predisposizioni del figlio o della figlia». Un’osservazione che «deve partire molto prima» aggiunge la dottoressa Mengoni ricordando che Assolombarda «ha attivato progetti per la diffusione della cultura tecnico-scientifica e dell’innovazione già con le classi della scuola primaria», in forma sperimentale in 6/7 province e il coinvolgimento di tremila bambini. Senza dubbio affrontare il tema della scelta dopo la terza media per tempo è un altro consiglio molto sottolineato, così come quello «di avere fiducia del giudizio orientativo che viene espresso dai docenti della scuola media» sottolinea il preside Pellegatta, che è anche presidente dell’associazione professionale Disal-presidi. «Ovviamente serve un rapporto di fiducia con la scuola – riconosce il capo d’istituto – ma i professori hanno un occhio attento nell’orientamento». E tra gli aspetti da tenere in considerazione vi sono anche «le passioni e gli stili di apprendimento che i figli hanno dimostrato nel corso dei primi anni di scuola» aggiunge Laura Mengoni, proprio «perché trovi la sua strada per realizzarsi».Vissuta assieme o meno, resta il dilemma su quale percorso scolastico puntare: liceo, tecnico, istituto professionale, o formazione professionale? «Non fermatevi ai pregiudizi che circondano alcuni percorsi» avverte l’esponente di Assolombarda, ribadendo come il mondo dell’impresa «non vuole tutti laureati, ma necessita di figure professionali con diplomi tecnici o professionali».E di pregiudizi ne sa bene il mondo della formazione professionale, commenta amaro don Mario Tonini, presidente del Cnos-fap, la confederazione della formazione professionale dei Salesiani. «Se non ci fossero pregiudizi sul nostro percorso formativo – aggiunge – i nostri centri dovrebbero essere considerati un’arma con la dispersione scolastica e la disoccupazione giovanile, visto che la quasi totalità dei nostri ragazzi trova un impiego in tempi brevi dopo la qualifica professionale». Un percorso formativo «profondamente cambiato in questi decenni, con un impianto legato alle nuove professioni e ai mutamenti del mondo del lavoro». Del resto «il mercato richiede figure professionali preparate, e i nostri corsi, accanto al completamento dell’obbligo di istruzione ai 16 anni, offrono anche una preparazione adeguata». Resta lo scoglio della presenza della formazione professionale in tutte le Regioni. «Dove siamo presenti, in particolare al Nord – spiega don Tonini – continuano a crescere le domande di iscrizione, mentre al Sud la presenza della Fp non è sempre garantita dalle Regioni e lasciata ai soli istituti professionali statali». Un’occasione mancata, soprattutto di permettere alle famiglie una scelta «su un’offerta formativa più ampia e flessibile». E la scelta tecnico-professionale è riconosciuta come quella che «apre di più le porte del lavoro» dopo gli studi, sottolineano all’unisono i nostri interlocutori. La palla torna ora nel campo delle famiglie, che da domani, appunto, dovranno iscrivere i propri figli al primo anno del nuovo ciclo di studi a partire da settembre. Un appuntamento che, quest’anno, aggiunge una preoccupazione in più: l’iscrizione da fare soltanto on line. Ma molte famiglie non possiedono un pc e le scuole dovranno attrezzarsi per dare loro una mano.