sabato 27 agosto 2011
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La posta in gioco comincia a delinearsi: un po’ di tagli in meno per gli enti locali (forse dimezzati, da 6 a 3 miliardi di euro) in cambio di un ritocco all’Iva, da definire. Su quest’ultimo, certo, resta da superare l’opposizione del super-ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ma i termini generali della grande partita sono impostati. Resi espliciti da una giornata che ha visto proprio gli enti locali come protagonisti, da mattina a sera.I Comuni sembrano averla spuntata. Supportati da uno sponsor di peso quale il ministro dell’Interno, Roberto Maroni che, presentatosi ieri mattina al Meeting di Rimini, già rassicurava dicendo che «c’è spazio» per restituire parte dei fondi ridotti dalla manovra-bis, «ho lavorato in silenzio per ottenere questo risultato, mi pare che siamo sulla buona strada»; anzi confidava «anche in un azzeramento dei tagli soprattutto per i Comuni».L’obiettivo "numero uno" dell’armata leghista resta quello di non strangolare Regioni, Province e Comuni. Per le seconde, ente intermedio, sembra sempre più sicuro lo stralcio dal decreto della soppressione parziale oggi presente: sulla carta dovrebbe essere il preludio a una loro cancellazione totale, ma per il momento si salverebbero. Peraltro questa misura ha il pregio di non intaccare i saldi generali della manovra, visto che i risparmi possibili non erano nemmeno indicati, così come per quelli relativi ai municipi sotto i mille abitanti. A questi ultimi, protagonisti ieri della marcia davanti a Montecitorio, ci ha pensato Gianni Letta: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha ricevuto a Palazzo Chigi la loro associazione, l’Anpci, mentre Osvaldo Napoli, "reggente" dell’Anci, ne ha discusso invece con Alfano, il segretario del Pdl, e con il ministro leghista Calderoli. L’esito delle trattative in corso dovrebbe sfociare nel mantenimento dei consigli comunali (magari ulteriormente rimpiccioliti) e della loro autonomia amministrativa e nell’accorpamento dei servizi erogati, che però non sarebbe più obbligatorio (avverrebbe per "ambiti di zonizzazione omogenea", recita la definizione tecnica). Si lavorerebbe poi, in prospettiva, sulla definizione della "Carta delle autonomie", con un rafforzamento delle unioni di Comuni.Ai sindaci delle città maggiori Maroni si è dedicato anche nel primo pomeriggio, una volta fatto ritorno a Roma. Al Viminale ha ricevuto una delegazione dell’Anci (che ha pure chiesto un incontro urgente al premier Berlusconi) guidata dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e ha promesso un nuovo faccia a faccia per lunedì in prefettura a Milano, dopo la manifestazione promossa dai Comuni stessi. Per far fronte a questi minori tagli, va comunque trovata un’alternativa immediata. Ed è qui che si materializza lo scambio incentrato sul parallelo aumento dell’Iva. Un’ipotesi che, nella versione "di base" (l’aliquota massima portata dal 20 al 21%), frutterebbe almeno 3,7 miliardi. Allo scambio ha accennato anche il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, dopo l’incontro nella sede del partito con gli esponenti degli enti locali: «Le risorse noi le identifichiamo, per esempio, nell’Iva». Operazione che troverebbe l’appoggio anche di Maroni, al di là delle ritrosie degli altri leghisti.Malgrado gli attriti (avuti però con Calderoli) sulle questioni romane, il clima al Viminale è stato cordiale e costruttivo. «C’è stata una grande disponibilità da parte del ministro a farsi interprete delle richieste dei Comuni», ha riferito Alemanno, aggiungendo che «vogliamo solo salvaguardare i servizi per i cittadini, dimostrando che nelle ultime tre manovre i Comuni hanno avuto un taglio di 14,2 miliardi, assolutamente insostenibile».All’incontro a via dell’Umiltà, nella sede Pdl, c’era anche Roberto Formigoni: «Abbiamo già dato», ha sostenuto il governatore lombardo che, come annunciato, si è presentato munito di un foglietto. Le Regioni, ha fatto notare, «incidono sulla spesa pubblica per il 16% e si sono viste infliggere il 57,7% dei tagli»: una replica a Calderoli, che a Rimini aveva detto che poteva ancora esserci «ciccia» da togliere alle Regioni.
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