L'approdo dei migranti a Catania (Ansa)
Un porto blindatissimo, quello di Catania, che mercoledì mattina ha accolto le 937 persone a bordo della nave Diciotti della Guardia costiera italiana. Il primo sbarco autorizzato dopo lo stop all'Aquarius e alle altre imbarcazioni delle Ong.
La nave, che ha rallentato per il gran numero di persone a bordo e a causa delle non buone condizioni meteo, è arrivato al mattino presto ma non ha trovato volontari. Il porto etneo è da mesi off limits alle associazioni; ammessa solo la Croce Rossa.
A bordo ci sono anche due cadaveri: sono di due giovani somali, una ragazza e un giovane uomo, morti di senti prima di essere soccorsi. L'Ansa riporta la ricostruzione di Federica Montisanti, che era a bordo della Dattilo per Intersos. "I due secondo i racconti dei loro compagni di viaggio sono morti sul gommone che è stato poi soccorso da un mercantile. Erano provati e denutriti, e potrebbero essere stati queste le cause del decesso. Non erano parenti tra loro e non ci sono familiari che viaggiavano con loro. L'unica cosa che li univa era la speranza di arrivare in Italia per una vita migliore. Chi ci ha parlato di loro - spiega - erano i 'compagni' dei capannoni in Libia dove erano stati insieme 'prigionieri', vittime di soprusi, in attesa di potersi imbarcare".
Conferma Sahar Ibrahim, metriatrice culturale di Intersos, che era a bordo dell'imbarcazione della Guardia Costiera: "Siamo rimasti molto colpiti per la morte dei due giovani somali. Sono morti abbracciati. Prima è morta lei, poi lui".
Le operazioni di sbarco, identificazione e prima accoglienza sono gestite solo dalle Forze dell'ordine col supporto della Croce rossa italiana. A Pozzallo e Reggio Calabria l'organizzazione vede fianco a fianco uomini delle istituzioni e volontari delle associazioni; a Catania si è scelto diversamente. Tenendo lontano tutti, compresa la stampa. Degli oltre 900 sbarcati, circa 800 saranno trasferiti in altre regioni.
"Ci sono i cordoni, non fanno avvicinare nessuno. È tutto blindato. Ci sono regole ferree - ci spiega Elvira Iovino, responsabile del Centro Astalli di Catania -. Però dopo, come è successo varie volte, ci chiedono di ospitarne un po', soprattutto categorie fragili come i minori non accompagnati e le donne".
Andrà così anche oggi? "Noi siamo pronti. Nel nostro Centro don Puglisi, ospitato in un edificio confiscato alla mafia, abbiamo ancora alcuni posti. È un Cpa, centro di prima accoglienza per minori non accompagnati, che può ospitare fino a 25 ragazzi. Rimangono anche più di un anno, malgrado sia di prima accoglienza. Ma va molto bene. Sono integrati, fanno moltissime attività, dalla scuola allo sport".
Proprio un minore, colpito da convulsioni a bordo della Diciotti, assieme a quattro donne incinte, una all'ottavo mese, è stato portato a Lampedusa grazie a una motovedetta della Guardia costiera. Ricoverate nel poliambulatorio dell'isola, le donne, provate e disidratate, dopo circa tre ore sono state condotte in elisoccorso negli ospedali Ingrassia e Civico di Palermo e San Giovanni Di Dio di Agrigento, mentre il ragazzo, anche lui disidratato, dopo le cure è stato portato nell'hotspot dell'isola.
Ma perché si è deciso di sbarcare i quasi mille migranti proprio a Catania? Elvira Iovino ha un sospetto. "Ricordiamoci che qui c'è sempre pronta la "discarica", cioè il Cara di Mineo. È sempre pronta, li si può andare a buttare là". Già, il famoso e famigerato Mineo, finito in varie inchieste, compresa quella su "Mafia Capitale". Scandali che hanno coinvolto politici, imprenditori e cooperative. Nato nell'ex Residence degli Aranci nel 2011, sotto il governo Berlusconi, venne chiamato Villaggio della solidarietà fortemente voluto da un altro ministro dell'Interno leghista, Roberto Maroni, oggi molto critico del suo successore Salvini. "È un posto allucinante e non è cambiato niente - ci racconta la volontaria -. I migranti sono di nuovo aumentati e ora sono vicini ai 4mila. Non fanno niente. Entrano ed escono eludendo in controlli. Ma questo centro fa comodo al territorio. C'è un indotto enorme di gente che ci lavora, i fornitori dal tabaccaio al panettiere, e poi non dimentichiamo che questi ragazzi vanno al lavoro per quattro soldi e in nero nei campi tutto intorno. Questa sorta di "riserva indiana" è in mezzo a una realtà agricola per cui fanno comodissimo. Noi invece non possiamo entrare. Va solo Sant'Egidio una volta alla settimana e poi ce li porta per le questioni legali".
Non l'unica situazione drammatica a Catania. "In città ci sono dei centri convenzionati col Comune che sono dei lager. In condizioni subumane. Senza acqua e senza luce. In appartamenti cosiddetti "autogestiti". Senza un minimo di assistenza, abbandonati".